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Al via gli esami di Stato: la grande fuga dei docenti. Perché non conviene più fare il commissario

Con l’inizio degli esami di Maturità previsto per il 18 giugno 2025, nelle scuole italiane si ripropone puntualmente il problema della scarsità di docenti disposti a far parte delle commissioni. La co...

A cura di Redazione
10 giugno 2025 09:23
Al via gli esami di Stato: la grande fuga dei docenti. Perché non conviene più fare il commissario -
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Con l’inizio degli esami di Maturità previsto per il 18 giugno 2025, nelle scuole italiane si ripropone puntualmente il problema della scarsità di docenti disposti a far parte delle commissioni. La cosiddetta “fuga dei commissari” è un fenomeno ormai strutturale, causato da un’evidente sproporzione tra impegno richiesto e compensi ricevuti. In molti casi, essere commissario d’esame non conviene più.

Compensi fermi al 2007: quanto guadagnano realmente i commissari

I compensi stabiliti dal decreto ministeriale del 24 maggio 2007 non sono mai stati aggiornati. Il presidente di commissione riceve 1.249 euro lordi, che si traducono in circa 850 euro netti. Il commissario esterno percepisce 911 euro lordi, pari a poco più di 620 euro netti. Peggio ancora va al commissario interno, che ottiene solo 399 euro lordi, ovvero circa 190 euro netti per quasi un mese di lavoro supplementare.

Questi importi, già esigui all’origine, hanno perso oltre il 40% del loro valore reale a causa dell’inflazione e del mancato adeguamento al costo della vita.

Le testimonianze dei docenti: tra dovere e amarezza

Molti docenti accettano ancora l’incarico per senso di responsabilità, ma con crescente malumore. Lucia R., docente di lettere e presidente di commissione in un liceo torinese, racconta:

“Lo faccio per dovere, ma ogni anno è più difficile accettare. Lavoriamo per settimane, spesso in sedi lontane, e dopo le trattenute restano 850 euro. Tra spese di viaggio e stress, è un sacrificio senza riconoscimento.”

Marco B., commissario esterno di matematica in un istituto tecnico di Pavia, ha deciso di rinunciare alla nomina:

“L’anno scorso ho preso 627 euro netti. Ho dovuto prendere ferie non retribuite per gli scrutini nella mia scuola e ho pagato tutto di tasca mia per gli spostamenti. Quest’anno ho detto basta.”

Il quadro peggiora ulteriormente se si considerano i continui ritardi nell’organizzazione. Anna C., docente di inglese in un liceo linguistico di Cagliari, denuncia:

“Ci hanno comunicato la commissione il 6 giugno. Dobbiamo preparare le griglie, correggere gli scritti e organizzare gli orali in pochi giorni. E per meno di 200 euro netti? È umiliante.”

Le indennità di trasferta: un sistema iniquo e complicato

Il meccanismo di rimborso spese per il tragitto casa-sede d’esame riguarda solo presidenti e commissari esterni. L’indennità varia in base al tempo di percorrenza, con un massimo teorico di 2.270 euro lordi per spostamenti superiori ai 100 minuti. Tuttavia, i calcoli si basano esclusivamente sugli orari ufficiali dei mezzi extraurbani più veloci, escludendo coincidenze e ritardi.

Francesca D., docente in un liceo di Bergamo, racconta:

“Sono stata mandata in un paese di montagna a oltre 90 minuti da casa. Mi spettavano più di 900 euro lordi, ma dopo mesi e moduli infiniti ho ricevuto solo 520 euro netti a settembre. Avevo anticipato tutte le spese.”

I commissari interni, anche se trasferiti in sedi diverse, non ricevono alcun rimborso. Una disparità che alimenta ulteriore malcontento.

Sindacati in allerta: compensi inadeguati, procedure farraginose

I principali sindacati del comparto scuola, tra cui Anief, Flc Cgil e Uil Scuola, hanno denunciato a più riprese il mancato adeguamento dei compensi. La situazione è aggravata da pagamenti tardivi, procedure burocratiche pesanti e nomine disorganizzate.

Marcello Pacifico, presidente di Anief, ha definito i compensi “quasi simbolici” e ha sottolineato come l’obbligatorietà della nomina, unita all’assenza di un adeguato riconoscimento economico, rischi di compromettere la qualità dell’intero esame di Stato.

Secondo i dati raccolti dalle segreterie scolastiche, le rinunce aumentano ogni anno, soprattutto nelle regioni del Nord. In alcune province, i dirigenti scolastici faticano a costituire le commissioni e ricorrono ripetutamente alle convocazioni forzate.

Un paragone sconfortante con il passato

Nel 1999, il presidente di commissione percepiva circa 2.200.000 lire, equivalenti a 1.136 euro attuali. A distanza di 25 anni, la cifra lorda è pressoché la stessa, ma il potere d’acquisto è drasticamente calato. Il risultato è che oggi un docente lavora di più, con maggiori responsabilità, per un compenso reale inferiore rispetto a quello degli anni Novanta.

Il rischio: l’esame di Stato perde qualità e credibilità

Se non verranno prese misure concrete, il sistema dell’Esame di Stato rischia di entrare in crisi strutturale. Non è sostenibile pretendere qualità, serietà e rigore da docenti costretti ad assumersi impegni gravosi per compensi ridicoli. Non bastano la passione e il senso del dovere per tenere in piedi un meccanismo così complesso.

La scarsa partecipazione rischia di abbassare la qualità della valutazione, creare ritardi, disservizi e aumentare il malcontento tra il personale. Il valore simbolico dell’esame, che rappresenta un momento fondamentale nel percorso di crescita degli studenti, non può essere garantito se non si valorizza il lavoro di chi lo rende possibile.

Tra fuga dei commissari e revisioni imminenti del sistema Maturità

Il quadro delineato — tra compensi sempre più irrisori, organizzazione farraginosa, viaggi non coperti e rinunce crescenti — mostra come, ormai, far parte di una commissione d’esame rappresenti un onere e non una responsabilità onorevole. Questo ha portato alla “fuga” di molti commissari, con effetti evidenti soprattutto nelle regioni settentrionali.

Contemporaneamente, il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha annunciato, proprio in questi giorni, l’intenzione di cambiare profondamente il modello dell’attuale “Esame di Stato”. Dal 2026 si tornerà all’antica denominazione di Maturità, con un nuovo approccio valutativo: al centro non più soltanto le competenze acquisite nelle discipline, ma anche la maturazione integrale dello studente, la sua crescita personale e la capacità di fare la differenza nella vita futura.

È dunque un momento di svolta: mentre il sistema rischia di collassare per carenza di commissari motivati, arriva la volontà di ripensare l’intero modello di valutazione, valorizzando la scuola come occasione di educazione e formazione più ampia. Tuttavia, questo progetto rischia di restare un miraggio se il ruolo dei commissari continuerà a essere svilito economicamente e burocraticamente.

In sostanza, si presenta un’occasione unica: è il momento di ribaltare l’intero paradigma, non soltanto cambiando il nome dell’esame, ma anche le sue condizioni operative. Rimettere al centro la figura del commissario, con compensi adeguati, rimborsi certi, procedure rapide e riconoscimento del valore professionale, non è più solo una rivendicazione sindacale, ma una necessità per dare reali basi alla riforma annunciata dal Ministro.

Se la scuola vuole davvero puntare a una “maturità” che forgi la persona, deve farlo valorizzando chi, ogni anno, garantisce la credibilità e la qualità dell’esame. Ignorare questo aspetto significa gridare “al cambiamento” mentre si spera che qualcuno, con passione e senso del dovere, sopperisca gratis alle mancanze del sistema.

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