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Carla, la credenza e la mediocrità quotidiana

Con il nuovo singolo, Carla e la credenza, uscito pochi giorni fa, e disponibile su tutte le piattaforme digitali, il cantautore Pierdavide Carone torna all’antico

A cura di Trifone Gargano
09 maggio 2024 11:02
Carla, la credenza e la mediocrità quotidiana -
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Con il nuovo singolo, Carla e la credenza, uscito pochi giorni fa, e disponibile su tutte le piattaforme digitali, il cantautore Pierdavide Carone torna all’antico, torna alle sue sonorità e all’arguzia dei suoi primi testi, torna a tutto ciò che lo caratterizzò come voce nuova del panorama musicale italiano, sin dal tempo del debutto ad Amici, nell’oramai lontanissimo 2009. Carone torna all’irriverenza armonica, alla leggerezza graffiante, dei tempi in cui Lucio Dalla s’innamorò della canzone Nanì, dirigendolo a Sanremo (nel 2012). Con questa nuova canzone, dunque, Carone ricomincia da sé stesso, dal sé stesso più autentico e simpatico, dal sé stesso più graffiante e orecchiabile, dal sé stesso a schiena dritta, che non guarda alle mode, o al momento. Questa è la genialità di Carla e la credenza, andare avanti, tornando alla prima maniera. Un artista, classico, è riconoscibile se ha modo, se ha maniera nella sua produzione. Questo è il Pierdavide Carone che i fan aspettavano. Ed è tornato.

La credenza è metafora, direi «correlativo oggettivo», tanto per citare Eugenio Montale, che Pierdavide conosce molto bene, funzionale a rappresentare tutti coloro che non hanno il coraggio di sfidare le proprie (e le altrui) convinzioni e convenzioni; di sfidarle per abbracciare nuove prospettive, nuove piste da percorrere. Abitudini e convenzioni son comode, non pongono problemi, per quanti vogliano starsene tranquilli, sdraiati, senza affrontare il peso della scelta.

Ecco il testo di Carla e la credenza:

Sono stato sulla luna

Era un po’ come una duna

Mamma mia, ma che sfortuna

Sono stato nello spazio

Senza ossigeno, che strazio

Quasi meglio il mio palazzo

E mi sono rotto il cazzo

Della smania esistenziale

Dello spirito e levare tutto ciò

Che invece vorrei fare

 

Voglio restare dentro il mio appartamento

Senza il traffico del centro

Voglio la mia ignoranza

Dentro questa stanza

Come Carla nella sua credenza

 

Sono stato anche su Marte

Mi annoiavo un poco a morte

E non c’era forma d’arte

Prendi e mettila da parte

Basta voglia di scoprire

Anche un premio Nobel muore

L’hanno detto al televisore

 

Voglio restare dentro il mio appartamento

Senza il traffico del centro

Voglio restare a galla come la mia merda

Più utile di me alla madre terra

E di meno la coda senza capo né coda

Pazzo proprio come una giornata

Nudo a prendere il sole

Per sentirmi migliore

E insultare uno di colore

Eh ih mi mo ma beh…

 

Voglio restare dentro il mio appartamento

Senza il traffico del centro

Voglio la mia ignoranza

Dentro questa stanza

Come Carla nella sua credenza

Voglio restare a galla come la mia merda

Più utile di me alla madre terra

E che la mia esistenza muoia in una danza

Come quella c arpa nella lenza

O una capra di Faenza

Una Carla e la credenza

Io mi mo ma beh…

 

Questa canzone ricorda, almeno, due grandi autori della letteratura italiana, Ludovico Ariosto, per il viaggio sulla luna di Astolfo, e Gianni Rodari, per i viaggi di Giovannino Perdigiorno. Da questi due riferimenti letterari, che valgono come sottotraccia, occorre partire, per comprendere bene il senso di questa (splendida) canzone di Pierdavide Carone. Ariosto racconta di Astolfo, che va sulla luna, per recuperare il senno di Orlando (che è scimunito), e scopre che tra quelle dune, in realtà, s’aduna molto cervello di quanti uomini sulla terra sian creduti savi (e non lo sono).

 

Giovannino Perdigiorno, nella filastrocca di Gianni Rodari, è un gran viaggiatore, non si stanca mai di girare per paesi, pianeti e galassie, alla ricerca del luogo dove vivere bene. Ma ovunque capiti, fa esperienza di una mancanza, di una inquietudine, che lo spinge a rimettersi in viaggio. Nei suoi viaggi, Giovannino attraversò il Pianeta nuvoloso, quello malinconico, il Pianeta fanciullo, e il paese degli Uomini più, il paese degli Uomini di carta, e quello degli Uomini di tabacco; il Paese senza sonno, e quello degli Uomini a vento. Finché, un bel giorno, giunse nel Paese del «Ni»:

 

In quel paese la gente

era timida un bel po’

e non diceva mai chiaro

né di sì né di no.

[…]

«Ma che razza di indecisi, –

Giovannino si stupì.

– Volete la pace?» «Ni».

«Volete la guerra?» «Ni»

 

Che è una bella lezione di educazione civica: non si può restare indifferenti e indecisi, nella vita. Bisogna dire o di Sì, o di No. E questo è, a ben guardare, il messaggio della canzone Carla e la credenza, con la quale Pierdavide Carone ha recuperato la leggerezza calviniana della prima ora.

 

Per ascoltare la canzone Carla e la credenzadi Pierdavide Carone:

https://www.youtube.com/watch?v=_eMvyMAY1Co

 

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