Carla, la credenza e la mediocrità quotidiana
Con il nuovo singolo, Carla e la credenza, uscito pochi giorni fa, e disponibile su tutte le piattaforme digitali, il cantautore Pierdavide Carone torna all’antico

Con il nuovo singolo, Carla e la credenza, uscito pochi giorni fa, e disponibile su tutte le piattaforme digitali, il cantautore Pierdavide Carone torna all’antico, torna alle sue sonorità e all’arguzia dei suoi primi testi, torna a tutto ciò che lo caratterizzò come voce nuova del panorama musicale italiano, sin dal tempo del debutto ad Amici, nell’oramai lontanissimo 2009. Carone torna all’irriverenza armonica, alla leggerezza graffiante, dei tempi in cui Lucio Dalla s’innamorò della canzone Nanì, dirigendolo a Sanremo (nel 2012). Con questa nuova canzone, dunque, Carone ricomincia da sé stesso, dal sé stesso più autentico e simpatico, dal sé stesso più graffiante e orecchiabile, dal sé stesso a schiena dritta, che non guarda alle mode, o al momento. Questa è la genialità di Carla e la credenza, andare avanti, tornando alla prima maniera. Un artista, classico, è riconoscibile se ha modo, se ha maniera nella sua produzione. Questo è il Pierdavide Carone che i fan aspettavano. Ed è tornato.
La credenza è metafora, direi «correlativo oggettivo», tanto per citare Eugenio Montale, che Pierdavide conosce molto bene, funzionale a rappresentare tutti coloro che non hanno il coraggio di sfidare le proprie (e le altrui) convinzioni e convenzioni; di sfidarle per abbracciare nuove prospettive, nuove piste da percorrere. Abitudini e convenzioni son comode, non pongono problemi, per quanti vogliano starsene tranquilli, sdraiati, senza affrontare il peso della scelta.
Ecco il testo di Carla e la credenza:
Sono stato sulla luna
Era un po’ come una duna
Mamma mia, ma che sfortuna
Sono stato nello spazio
Senza ossigeno, che strazio
Quasi meglio il mio palazzo
E mi sono rotto il cazzo
Della smania esistenziale
Dello spirito e levare tutto ciò
Che invece vorrei fare
Voglio restare dentro il mio appartamento
Senza il traffico del centro
Voglio la mia ignoranza
Dentro questa stanza
Come Carla nella sua credenza
Sono stato anche su Marte
Mi annoiavo un poco a morte
E non c’era forma d’arte
Prendi e mettila da parte
Basta voglia di scoprire
Anche un premio Nobel muore
L’hanno detto al televisore
Voglio restare dentro il mio appartamento
Senza il traffico del centro
Voglio restare a galla come la mia merda
Più utile di me alla madre terra
E di meno la coda senza capo né coda
Pazzo proprio come una giornata
Nudo a prendere il sole
Per sentirmi migliore
E insultare uno di colore
Eh ih mi mo ma beh…
Voglio restare dentro il mio appartamento
Senza il traffico del centro
Voglio la mia ignoranza
Dentro questa stanza
Come Carla nella sua credenza
Voglio restare a galla come la mia merda
Più utile di me alla madre terra
E che la mia esistenza muoia in una danza
Come quella c arpa nella lenza
O una capra di Faenza
Una Carla e la credenza
Io mi mo ma beh…
Questa canzone ricorda, almeno, due grandi autori della letteratura italiana, Ludovico Ariosto, per il viaggio sulla luna di Astolfo, e Gianni Rodari, per i viaggi di Giovannino Perdigiorno. Da questi due riferimenti letterari, che valgono come sottotraccia, occorre partire, per comprendere bene il senso di questa (splendida) canzone di Pierdavide Carone. Ariosto racconta di Astolfo, che va sulla luna, per recuperare il senno di Orlando (che è scimunito), e scopre che tra quelle dune, in realtà, s’aduna molto cervello di quanti uomini sulla terra sian creduti savi (e non lo sono).
Giovannino Perdigiorno, nella filastrocca di Gianni Rodari, è un gran viaggiatore, non si stanca mai di girare per paesi, pianeti e galassie, alla ricerca del luogo dove vivere bene. Ma ovunque capiti, fa esperienza di una mancanza, di una inquietudine, che lo spinge a rimettersi in viaggio. Nei suoi viaggi, Giovannino attraversò il Pianeta nuvoloso, quello malinconico, il Pianeta fanciullo, e il paese degli Uomini più, il paese degli Uomini di carta, e quello degli Uomini di tabacco; il Paese senza sonno, e quello degli Uomini a vento. Finché, un bel giorno, giunse nel Paese del «Ni»:
In quel paese la gente
era timida un bel po’
e non diceva mai chiaro
né di sì né di no.
[…]
«Ma che razza di indecisi, –
Giovannino si stupì.
– Volete la pace?» «Ni».
«Volete la guerra?» «Ni»
Che è una bella lezione di educazione civica: non si può restare indifferenti e indecisi, nella vita. Bisogna dire o di Sì, o di No. E questo è, a ben guardare, il messaggio della canzone Carla e la credenza, con la quale Pierdavide Carone ha recuperato la leggerezza calviniana della prima ora.
Per ascoltare la canzone Carla e la credenzadi Pierdavide Carone:
https://www.youtube.com/watch?v=_eMvyMAY1Co