Caro Valditara, ti spieghiamo cosa è successo veramente ai nostri stipendi negli ultimi quattro anni
Gli stipendi della scuola? Non sono mai aumentati come negli ultimi due anni. Parola di Ministro. Che, come nella migliore tradizione della comunicazione politica, dice solo una mezza verità.Verità ri...

Gli stipendi della scuola? Non sono mai aumentati come negli ultimi due anni. Parola di Ministro. Che, come nella migliore tradizione della comunicazione politica, dice solo una mezza verità.
Verità riassumibile nella descrizione di un fenomeno letteralmente paradossale: mentre il governo celebrava l’aumento degli stipendi e la chiusura del contratto nazionale 2019-2021, i lavoratori vedevano diminuire il loro potere d’acquisto.
Con buona pace delle promesse di riduzione del cuneo fiscale e di incrementi salariali, il reddito effettivo, il netto in busta paga, non è cresciuto. Anzi.
A spiegarlo con la banale evidenza dei numeri è stato Rosolino Cicero, presidente di Ancodis, che ha messo in fila le sue buste paga dello stesso mese negli ultimi cinque anni. Stipendio di un docente con Qualifica KA07 e fascia stipendiale 15. E qui la sorpresa di una realtà ben diversa da quella raccontata. Vediamo insieme cosa è successo.
L’evoluzione delle buste paga dal 2020 al 2024
Partiamo dall’analisi delle buste paga da ottobre 2020 a ottobre 2024. Questi dati mettono in luce come, nonostante un aumento nominale dello stipendio tabellare, il netto in busta paga sia progressivamente diminuito già come valore assoluto:
- Ottobre 2020: Netto percepito di 1.826,50 euro, con trattenute pari a circa 550 euro.
- Ottobre 2021: Il netto è sceso a 1.806,01 euro, con una perdita di 20 euro rispetto all’anno precedente, nonostante lo stipendio tabellare sia rimasto stabile.
- Ottobre 2022: Il netto è sceso ulteriormente a 1.730,79 euro, segnando una riduzione di 76 euro rispetto al 2021. Questo calo si è verificato in parallelo alla chiusura del contratto 2019-2021, che non è stato sufficiente a compensare l’incremento delle trattenute fiscali e delle addizionali locali.
- Ottobre 2023: Dopo la chiusura del contratto, si è registrato un incremento temporaneo del netto percepito, che è salito a 1.893,08 euro, con un aumento di 163 euro rispetto al 2022. Stipendio aumentato quindi? Niente affatto. Un aumento solo temporaneo, legato alla presenza di bonus e arretrati, che non sono stati integrati stabilmente nella retribuzione.
- Ottobre 2024: Il netto scende nuovamente a 1.722,88 euro, una riduzione di 171 euro rispetto al 2023 e la cifra più bassa registrata negli ultimi cinque anni. A questo calo hanno contribuito l’esaurimento degli effetti degli arretrati e l’aumento delle trattenute.
Come mai il netto diminuisce nonostante l’aumento del lordo?
La dinamica per cui aumenta lo stipendio lordo ma diminuisce il netto è legata a diversi fattori:
- Aumento delle trattenute fiscali:
- Nel 2022, in seguito alla riforma fiscale del governo Draghi, si è assistito a una revisione delle aliquote IRPEF che ha reso la tassazione più pesante per alcune fasce di reddito. L’aliquota massima rimaneva al 38%, ma le addizionali regionali e comunali sono aumentate, riducendo il netto disponibile.
- Nel 2024, nonostante una riduzione dell’aliquota IRPEF al 35%, l’effetto delle altre trattenute ha impedito un recupero significativo del netto percepito.
- Incremento delle trattenute previdenziali:
- Le trattenute per contributi previdenziali (come l’INPDAP e il TFR) sono aumentate in proporzione all’aumento della retribuzione tabellare. Ciò significa che, anche se il lordo cresceva, una parte maggiore veniva destinata alla previdenza, riducendo il netto finale.
- Questo incremento è stato particolarmente evidente nel passaggio dal 2022 al 2023, quando le trattenute sono passate da 785,41 euro a 843,88 euro, a fronte di un aumento della retribuzione tabellare.
- Inflazione elevata:
- Nel 2022, l’inflazione ha raggiunto il 12%, erodendo il potere d’acquisto dei lavoratori. Anche se lo stipendio lordo aumentava leggermente, il valore reale di questo incremento veniva annullato dalla crescita dei prezzi.
- Nel 2023 e 2024, nonostante l’inflazione fosse diminuita rispettivamente al 1,7% e 2%, i prezzi sono rimasti più alti rispetto ai livelli del 2021, mantenendo il costo della vita elevato.
Oltre le cifre nominali: l’effetto dell’inflazione e gli stipendi reali
La riduzione del netto in busta paga non è, a ben guardare, il problema principale. A peggiorare la situazione è stata la forte inflazione, che ha eroso il reale potere d’acquisto dei lavoratori.
L’impatto sul potere d’acquisto: una perdita di oltre il 17%
La riduzione del netto percepito si riflette direttamente sulla capacità di spesa dei lavoratori. Se consideriamo il netto percepito nel 2024 rettificato per tenere conto dell’inflazione cumulata, risulta una perdita significativa:
- Per mantenere lo stesso potere d’acquisto del 2021, il netto percepito nel 2024 dovrebbe essere di poco più di 2.000 euro. In realtà, il netto percepito è stato solo di 1.722,88 euro, con una perdita di potere d’acquisto del 17,89%.
- Ciò significa che, a parità di stipendio tabellare, i lavoratori si trovano con quasi 300 euro in meno da spendere ogni mese rispetto a quattro anni fa.
La perdita di potere d’acquisto e la traduzione in stipendi reali rispetto al 2021 è stata significativa:
- Nel 2022, il potere d’acquisto è diminuito del 14,43%, con un netto rettificato per l’inflazione pari a 1.500,34 euro.
- Nel 2023, la perdita di potere d’acquisto ha raggiunto il 15,51%, con un netto rettificato di 1.481,54 euro.
- Nel 2024, la riduzione del potere d’acquisto ha toccato il 17,89%, con un netto rettificato di 1.439,72 euro.
300 euro per rimanere fermi agli stipendi del 2021
Il netto percepito attuale di 1.722,88 euro è inferiore di quasi 300 euro rispetto a quanto sarebbe necessario per mantenere lo stesso potere d’acquisto del 2021.
Per raggiungere questo livello, la retribuzione tabellare dovrebbe aumentare di circa 306,71 euro, portando lo stipendio tabellare a 2.077,46 euro. Questo incremento permetterebbe di allineare il netto percepito al costo della vita attuale, mantenendo il potere d’acquisto costante rispetto a quattro anni fa.
Le risorse necessarie
Il raggiungimento di un simile aumento richiede uno stanziamento significativo di risorse da parte del governo. Ma quante risorse servirebbero in Legge di Bilancio per coprire questo aumento?
Supponiamo di applicare l’aumento necessario di 306,71 euro a tutti i docenti con una qualifica simile a quella analizzata. Se consideriamo un numero approssimativo di 800.000 docenti in Italia, l’aumento mensile complessivo sarebbe di:
- 306,71 euro x 800.000 docenti = 245.368.000 euro al mese.
- Su base annua, questo comporta un costo di circa 2,94 miliardi di euro.
Cosa è stato stanziato in realtà?
La Legge di Bilancio presentata dal ministro Valditara prevede uno stanziamento per il contratto collettivo 2022-2024 con un incremento del 6% rispetto al precedente. Tuttavia, per le successive tornate contrattuali, sono stati previsti:
- 1,755 miliardi di euro per il 2025.
- 3,550 miliardi di euro per il 2026.
- 5,550 miliardi di euro annui a partire dal 2027.
Queste risorse, per quanto significative, non rispondono immediatamente alla necessità di riportare il potere d’acquisto dei docenti ai livelli del 2021. Per il 2024, gli stanziamenti previsti sono comunque inferiori ai 2,94 miliardi di euro che servirebbero per raggiungere l’aumento necessario per mantenere il potere d’acquisto.
Gli aumenti previsti con il nuovo contratto
Gli aumenti prospettati per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del settore scuola per il periodo 2022-2025 sono stati annunciati con l’obiettivo di migliorare la condizione economica del personale scolastico. In base alle ultime dichiarazioni e ai documenti relativi alla Legge di Bilancio, gli incrementi previsti sono i seguenti:
- Aumento complessivo del 6% rispetto ai livelli precedenti:
- Questo aumento rappresenta l’incremento medio della retribuzione rispetto al precedente contratto, includendo sia l’aumento della parte fissa della retribuzione tabellare, sia eventuali miglioramenti economici legati a indennità specifiche per il personale scolastico.
- Incremento progressivo delle risorse stanziate per i prossimi anni:
- 1,755 miliardi di euro per il 2025: Questi fondi sono destinati ad adeguamenti salariali e a coprire le spese per le indennità già previste.
- 3,550 miliardi di euro per il 2026: Aumento delle risorse per continuare il percorso di riallineamento degli stipendi.
- 5,550 miliardi di euro annui a partire dal 2027: Queste risorse dovrebbero garantire ulteriori adeguamenti economici per il personale della scuola.
Effetto sull’Aumento Mensile per i Docenti
Con un incremento del 6% sulla retribuzione tabellare, il netto in busta paga dello stesso lavoratore di sopra nel 2024, aumenterebbe a circa 1.826,25 euro. Questo importo risulterebbe comunque inferiore al netto attualizzato di 2.021,30 euro necessario per mantenere lo stesso potere d’acquisto del 2021, indicando che l’aumento proposto non sarebbe sufficiente a compensare la perdita accumulata a causa dell’inflazione.
Le promesse e la realtà
La realtà che emerge dalle buste paga dei docenti italiani racconta una storia diversa da quella proposta da governo e sindacati quando hanno commentato gli aumenti dell’ ultimo rinnovo di contratto. L’aumento nominale degli stipendi e la riduzione del cuneo fiscale non hanno impedito una perdita significativa del potere d’acquisto. Per recuperare realmente quanto perso, servirebbe uno sforzo economico maggiore e immediato.
Mentre il governo celebra lo stanziamento di fondi per i prossimi anni, la necessità dei docenti è di un intervento strutturale che garantisca un adeguamento reale degli stipendi al costo della vita attuale, evitando che i lavoratori si trovino a fare i conti con retribuzioni che non sono sufficienti a sostenere il loro ruolo e le loro esigenze quotidiane.
Come calcolato in precedenza, per compensare la perdita di potere d’acquisto e riportare il netto percepito ai livelli del 2021, sarebbe necessario un incremento di circa 306,71 euro sulla retribuzione tabellare mensile. Gli aumenti prospettati per il CCNL 2022-2025 risultano invece molto al di sotto di quanto richiesto per mantenere inalterato il potere d’acquisto dei docenti rispetto al costo della vita attuale.