Cinzia Mammoliti: la violenza nasce in famiglie disfunzionali. I bulli di oggi sono i narcisisti maligni di domani, lo psicologo scolastico non basta
Una diretta un pò diversa dal solito si è tenuta oggi sulla escalation di violenza sulle donne e a scuola in compagnia della Criminologa e Psicologa Cinzia Mammoliti. La puntata speciale ha ripreso al...

Una diretta un pò diversa dal solito si è tenuta oggi sulla escalation di violenza sulle donne e a scuola in compagnia della Criminologa e Psicologa Cinzia Mammoliti. La puntata speciale ha ripreso alcuni punti salienti della intervista di sabato scorso virando sulla violenza scolastica. “La nostra società è psicopatica, siamo alla deriva narcisistica che genera la psicopatia e l’origine è nelle famiglie disfunzionali”- ha affermato la Mammoliti. Tanti i temi trattati per un argomento complesso e delicato su cui si sono gettate le basi per una ridefinizione degli interventi per contenere gli episodi di violenza e bullismo a scuola. Il problema a monte, per la dott.ssa Mammoliti, è la frattura creatasi in questi ultimi anni fra Scuola e Famiglia, che non fanno più fronte comune per educare i ragazzi. I bulli di oggi sono i narcisisti e gli psicopatici di domani, ed arginare il fenomeno a partire dalle fondamenta è quanto mai necessario e urgente.
“I ragazzi oggi hanno sviluppato una nuova dipendenza, quella dal consenso sui social, che equivale alla dipendenza dalle droghe. Il riconoscimento sociale e dunque il valore dei singoli viene affidato al numero di LIKE o di FOLLOWER ed è indice di grande fragilità di base, su cui i disturbi di personalità, primo fra tutti il narcisismo maligno, si innescano con estrema facilità. Alla base c’è sempre una famiglia disfunzionale con modelli poco solidi che non forniscono stabilità ai ragazzi, che sin da piccoli si abituano pertanto a cercare la strada giusta da soli, correndo pertanto facilmente il rischio di sbagliare”. Nel corso della diretta la Mammoliti ha tracciato anche un breve identikit del manipolatore, dalla bugia seriale alla mania di controllo, che spesso nelle relazioni sentimentali, anche fra i giovanissimi, sfocia in una gelosia ossessiva.
“Le ragazze non devono soccombere – ha aggiunto – ed al primo segnale di tentativo di isolamento, sottomissione o violenza anche solo verbale devono fuggire. Non solo, segnale d’allarme chiaro è la nostra sensazione di disagio nella relazione con una persona”. Il problema è che bisognerebbe imparare a chiedere aiuto ai primi segnali, e non dovrebbero farlo soltanto le vittime ma anche i potenziali carnefici, per i quali purtroppo, nel caso dei maschi, prevale ancora un retaggio di educazione patriarcale duro a morire. Probabilmente, siamo di fronte alla mancata accettazione dell’evoluzione sociale della donna, che ha generato, in reazione, l’acuirsi dei fenomeni di manipolazione e controllo da parte del maschio. I giovanissimi tuttavia hanno le carte in regola per rieducarsi al rispetto dell’altro, alla libertà del partner nelle relazioni, basta saper comunicare nel modo giusto, essendoci di base, proprio perché proliferano i casi di violenza domestica ed assistita, ed essendo spesso i ragazzi costretti ad assistere ai continui litigi dei genitori, una frequente mancanza di ascolto. I giovani, in definitiva, hanno bisogno proprio di essere ascoltati, considerati, ma non da figure estranee ai contesti sociali in cui essi vivono o che percepiscono come tali, come avviene nel caso dello psicologo scolastico o nel caso dei follower virtuali, quanto piuttosto dalle loro figure educative di riferimento, ovvero Famiglia e Scuola.
Una soluzione potrebbe essere formare i soggetti educanti all’ascolto e principalmente ad una comunicazione più efficace, per rendere i docenti, in particolare, figure di riferimento più autorevoli e carismatiche, fermo restando che dovrebbero essere messi nelle condizioni, tutti i docenti, di lavorare sereni, senza frustrazioni, proprio per la loro enorme responsabilità educativa, ed anche in quanto ad alto rischio di burn-out. “La frustrazione nel lavoro dei docenti non è contemplata, così come non è contemplata in una Caserma o in una Questura o in un Comando di Polizia, un docente frustrato si ripercuote sui ragazzi e sull’intero Collegio, il che non va bene, perché la frustrazione è infettiva” – ha affermato la Mammoliti. Una prima azione sulla scuola potrebbero essere dei momenti di confronto alla presenza di un mediatore fra docenti e genitori, fra docenti e alunni ed infine tutti loro insieme, per sviscerare problematiche che normalmente non si esprimono, dando vita a incomprensioni che rendono la scuola punitiva piuttosto che assertiva e accogliente.
E’ importante che si trovi però una linea comune, e che la stessa sia poi seguita sia dalle famiglie che dalla scuola. In ogni caso, già un primo intervento sulla scuola e sulla comunicazione efficace dei docenti sarebbe foriero di buona parte del cambiamento, in attesa che le famiglie riprendano ad educare i ragazzi ai valori, o meglio, a rieducare i loro figli non soltanto con le parole ma principalmente con l’esempio: ricordiamo, infatti, che famiglie fragili generano soggetti fragili e che, viceversa, difficilmente una famiglia solida e culturalmente, o meglio spiritualmente evoluta, genera soggetti disturbati, e dunque socialmente pericolosi.