Cronache di una maturanda: l’apparente inutilità delle INVALSI
Cronache di una maturanda: l’apparente inutilità delle INVALSI

13/03/25: -97 giorni all’Esame di Maturità
La distanza in giorni tra i maturandi e l’esame è scesa ormai a due cifre, ma una volta superati e festeggiati i fantomatici 100 giorni (di cui vi ho raccontato l’origine in un articolo precedente) cosa si fa? Probabilmente, è bene iniziare finalmente a percepire la maturità non più come una lontana astrazione, bensì come un traguardo concreto da superare al meglio delle proprie possibilità. Prima però, gli studenti devono necessariamente affrontare un’altra categoria di prove: le INVALSI, requisito obbligatorio per accedere a quelle d’esame. Ma cosa le rende così importanti se non incidono sul voto finale?
Acronimo di Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione, le prove INVALSI vengono somministrate ormai da circa trent’anni, al fine di monitorare il livello di apprendimento degli studenti e valutare il sistema scolastico nel suo complesso. Nel pratico, testano le competenze generali a livello nazionale di alcune classi (nello specifico seconda e quinta elementare, terza media, seconda e quinta superiore) in Italiano, Matematica ed Inglese, con quesiti a risposta multipla.
Possono apparentemente essere percepite da alunni e docenti come una mera perdita di tempo, soprattutto perché non hanno alcuna rilevanza a livello accademico, ma i dati che emergono da queste fanno riflettere non poco sull’efficacia del sistema educativo nel nostro paese.
Dai risultati dello scorso anno infatti, fa capolino uno scenario di considerevole arretratezza: in tutti gli ordini e gradi d’istruzione presi in analisi, la media degli allievi che risulta possedere le competenze base in Italiano si aggira attorno al 65%, mentre in Matematica scende al 53% e in Inglese precipita al di sotto della metà, circa 45%. Da una parte c’è sicuramente la tendenza a prendere sotto gamba queste prove, per le quali solitamente viene consigliato di esercitarsi in autonomia (e sicuramente i ragazzi lo fanno, come no!), ma dall’altra influiscono notevolmente sia l’impatto disastroso che l’emergenza COVID ha procurato sulle capacità di attenzione ed apprendimento, sia gli insufficienti investimenti fatti nell’istruzione, con la professione del docente sempre più svalutata e sminuita.
È senza dubbio giustificabile che, arrivati a questo punto dell’anno, i maturandi avvertano una certa adrenalina in vista dell’esame, ma come faranno a superarlo se più della metà di loro non raggiunge un livello adeguato a dei test basilari? C’è solo da sperare che quest’anno sia quello buono!