Fenomenologia e semantica di “sì, 'na preta”
Da Rose Villain alle mille sfumature di una frase che accarezza e uccide con la stessa disinvolturaSanremo, lo sappiamo, non è solo canzoni. È spettacolo, cultura pop e, soprattutto, sociolinguistica...

Da Rose Villain alle mille sfumature di una frase che accarezza e uccide con la stessa disinvoltura
Sanremo, lo sappiamo, non è solo canzoni. È spettacolo, cultura pop e, soprattutto, sociolinguistica applicata. È lì che nascono frasi destinate a entrare nella leggenda, e quest’anno la vincitrice morale è senza dubbio: “sì, ‘na preta”.
Gridata a squarciagola verso Rose Villain, la frase mirava a sottolineare la solidità – diciamolo pure, la consistenza marmorea – delle sue forme. Un complimento a metà strada tra il goliardico e l’artistico. Una roba che, se Michelangelo fosse stato in sala, avrebbe iniziato a scolpire sul momento.
Immaginate la scena: Rose Villain sul palco, avvolta in un look che urla “diva” da ogni fibra. La platea, in silenzio religioso. E poi, da un angolo buio, il grido: “Sì, ‘na preta!” Un secondo di gelo, seguito da un’esplosione di ilarità. E subito, sui social, la frase diventa trend topic, con meme di statue greche e montagne.
Ma cosa voleva dire, esattamente, quell’urlatore anonimo? Il significato era chiaro: Rose Villain era statuesca, fisicamente solida come il Partenone dopo il restauro. Ma attenzione, perché già qui emerge una sottigliezza: il tono. Da un maschio, “sì, ‘na preta” suona come un misto di ammirazione e gradimento ormonale. Da una donna, invece, avrebbe avuto un’aria più maligna, una stilettata dialettale: l’ indiscutibile segno della polivalenza semantica dell’ espressione.
Ma “sì, ‘na preta” non si ferma lì. Vive di vita propria, insinuata in tutti i contesti della vita quotidiana. Dal romanticismo più spinto alla scuola, dal lavoro ai pranzi di famiglia, fino agli scenari fantascientifici, “sì, ‘na preta” è la frase che può dire tutto e il contrario di tutto.
Passiamo in contesto amoroso. Lui, occhi sognanti: “Amore, per me sei tutto.” Lei, con un mezzo sorriso lo guarda e sussurra: “si’ ‘na preta.” Fine del romanticismo, inizio di un monologo interiore devastante. Perché qui l’espressione può voler dire qualsiasi cosa: che lei si sente inamovibile nella relazione, o che lui ha appena ricevuto una coltellata retorica mascherata da complimento.
E poi ci sono le liti. Lei: “Sei sempre così rigido, non cambi mai. Si’ ‘na preta!”. Lui, come un puglie suonato, rimane immobile. Dimostrando, con la logica del paradosso, che sì, forse è davvero ‘na preta.
Attenzione però: può anche finire bene. Lui che sporge l’ombrello per coprire lei dalla pioggia; lei immobile che lo costringe al diluvio: “Si’ ‘na preta, ma ti amo lo stesso!” Lei si scioglie (letteralmente, vista la pioggia) e parte l’abbraccio, con la colonna sonora di un polpettone romantico anni ’80.
Insomma, nel campo delle relazioni sentimentali, questa espressione raggiunge vette di ambiguità degne di un romanzo di Pirandello. “Si’ ‘na preta” può significare che sei emotivamente inaccessibile come una fortezza medievale, oppure che sei stabile come il monte Everest. È il tipo di commento che può farti finire single o convincere qualcuno a sposarti, a seconda dell’intonazione.
In ambito scolastico, “si’ ‘na preta” diventa un giudizio definitivo. Il professore, davanti a un’interrogazione fallimentare: “Ma tu veramente si’ ‘na preta.” Gli studenti ridono, ma il malcapitato alunno sa di essere stato appena paragonato all’ equivalente intellettuale di un certificato di… diciamo, “particolare tenacia nell’apprendimento”.
L’ insegnante esasperato che lo urla in classe, non sta certamente facendo un complimento alla muscolatura del suo studente. È più un modo gentile per dire: “Caro mio, hai la stessa velocità di apprendimento di una stalattite in formazione, con la stessa reattività cerebrale di un fermacarte in granito”.
Ma non pensiate che i professori siano immuni. Durante un consiglio di classe, il collega innovatore sbotta: “Professoressa Rossi, ancora niente tablet in classe? Ma allora si’ ‘na preta!” E giù discussioni, mentre Maria, bidella leggendaria, passa con il suo carrello, imperturbabile. Perché, diciamolo, è Maria la vera “preta” della scuola: immobile, inflessibile, indistruttibile.
Nel mondo del lavoro, “si’ ‘na preta” è un’arma a doppio taglio. Pensate a una riunione aziendale. Il capo chiede idee per aumentare la produttività. Mario, da vent’anni alla stessa scrivania, si alza e propone qualcosa. Tutti lo guardano, e qualcuno mormora: “Mario, si’ ‘na preta.”
Qui il seguito rivelerà il significato. Perché può essere allo stesso tempo un complimento all’ affidabilità del dipendente – “Sei solido come una roccia, su di te si può sempre contare” – oppure una critica velata alla sua flessibilità mentale – “Hai la stessa capacità di adattamento di un masso erratico”. È come essere definiti contemporaneamente il pilastro portante dell’azienda e il suo più ostinato oppositore al cambiamento.
Passiamo al pranzo domenicale. La nonna osserva il nipote incollato al cellulare e, scuotendo la testa, esclama: “Tu si’ ‘na preta. Sempre a non fare niente.” Il nipote, senza alzare lo sguardo, risponde: “Nonna, sei tu ‘na preta, sempre a raccontare di quando portavi l’acqua con le brocche!” La guerra generazionale è ufficialmente aperta.
E poi c’è lo zio. Ogni Natale, alla proposta di un menu vegano, sbotta all’indirizzo del proponente: “Ma si’ ‘na preta: io mangio solo lasagne.” E la conversazione muore lì, mentre tutti riempiono i piatti di ragù.
Nel mondo dello sport, essere “‘na preta” è generalmente un complimento di quelli pesanti (scusate il gioco di parole). Significa essere inamovibili in difesa, solidi come una montagna, impossibili da superare. È l’equivalente napoletano di “The Wall”, solo che suona molto più poetico e meno pretenzioso.
C’è poi il contesto culinario, dove “si’ ‘na preta” assume connotati decisamente meno lusinghieri. Se riferito a un piatto di pasta, significa che hai le stesse qualità culinarie di un apprendista cuoco nel suo primo giorno di lavoro – quello in cui anche bollire l’acqua sembra un’impresa degna di MasterChef.
Ve lo immaginate il futuro? Gli astronauti su Marte, di fronte un paesaggio di rocce infinite. La prima frase trasmessa a Houston sarà inevitabilmente: “Qui è tutto ‘na preta.”
Gli alieni durante il primo contatto, dopo aver osservato il comportamento umano, potrebbero dichiarare: “Zorp glix, so’ ‘na preta.” Che avranno voluto dire della nostra specie? Statuaria come quel marmo del pianeta XCRKY o testarda, resistente, incapace di cambiare rotta anche quando servirebbe?
In conclusione, “si’ ‘na preta” è molto più di una semplice espressione: è una lezione di vita. Ci ricorda che, proprio come una pietra, possiamo essere duri o preziosi, ostacoli o fondamenta, tutto dipende dalla prospettiva. E forse, in un mondo sempre più liquido e instabile, essere paragonati a una pietra non è poi così male. Almeno sappiamo di lasciare il segno – possibilmente senza lanciarcela addosso.
E se qualcuno vi dice “si’ ‘na preta”, prima di reagire, assicuratevi di capire se vi sta facendo un complimento o se sta suggerendo che è ora di darsi una svegliata. Nel dubbio, sorridete: dopotutto, anche i diamanti sono pietre, no?