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Giancarlo Siani, vive nel cielo di Giove

Il mese di settembre è il mese di Giancarlo Siani, nato il 19 settembre (del 1959) e assassinato dalla camorra il 23 settembre (del 1985), per tanti di noi che vedono in lui (e in pochi altri) l’esempio dell’intellettuale a schiena dritta, dell’intellettu

A cura di Trifone Gargano
20 settembre 2024 11:18
Giancarlo Siani, vive nel cielo di Giove -
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Il mese di settembre è il mese di Giancarlo Siani, nato il 19 settembre (del 1959) e assassinato dalla camorra il 23 settembre (del 1985), per tanti di noi che vedono in lui (e in pochi altri) l’esempio dell’intellettuale a schiena dritta, dell’intellettuale che si fa scriba di verità, senza compromessi, senza convenienze, senza calcolo di opportunismo. Fino a morire, per il servizio reso alla verità. Per dirla con Dante, allora, Giancarlo Siani brilla di luce autentica nel cielo di Giove, che è il cielo degli spiriti giusti:

«Diligite Iustitiam // Qui Iudicatis Terram» («Amate la Giustizia // Voi che giudicate il mondo»).

Quando gli studenti mi chiedono «Prof, ma per lei, chi sarebbe il Dante di oggi!?», non ho mai esitazione nella risposta. Tra i pochi nomi che indico (come, per esempio, Alessandro Leogrande), c’è sempre quello di Giancarlo Siani, giornalista assassinato dalla camorra, in un agguato sotto casa sua, appunto, il 23 settembre del 1985. Uccisione ordinata dal boss Angelo Nuvoletta, per volontà di Totò Riina, il capo indiscusso e feroce di Cosa Nostra. Giornalista e intellettuale a schiena dritta, nonostante la giovanissima età. In questo mese di settembre, Giancarlo avrebbe compiuto 65 anni. Fu assassinato a soli 26 anni, per un articolo scritto contro i clan che strozzavano Napoli e tutto il territorio, e per il suo impegno anti-camorra. Non esito a fare il suo nome, affinché il suo impegno e il suo ricordo sia seme di verità.

Siani, come Dante, esempio di intellettuale che sacrifica sé stesso, pur di farsi scriba di verità. Non come gli ignavi di tutti i tempi, che prima di impegnarsi si chiedono mille volte cosa ci sarà di utile per loro, che fanno calcoli di convenienza (economica e politica), prima di schierarsi, prima di mettersi in piedi e di dire la propria. la lunga schiera degli ignavi, sciagurati che «mai non fur vivi» (Inferno, c. III, v. 64). Siani all’opposto di Manzoni, che, nel suo «sugo» della storia, invitava i lettori a non impegnarsi, a non parlare in pubblico, a non partecipare a scioperi o a manifestazioni alcuna, a star zitto, a nascondersi. Siani, al contrario, ai nostri occhi. È e resta il Dante di oggi. Un autentico campione di verità. Bisognerebbe far leggere, nelle classi italiane, ai giovani studenti gli articoli di Siani, e non, invece, l’ignavo Manzoni.

Una fondazione, «Casa Méhari», con sede in una villa sottratta alla camorra, oggi di proprietà del Comune di Quarto (nell’area della Città Metropolitana di Napoli), da alcuni anni ne mantiene viva la memoria e il senso civico del suo impegno, con attività di promozione sociale, intellettuale, culturale e civile.

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