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Giornata nazionale della Legalità 2025: la testimonianza della studentessa Giulia Menzano e l’impegno del prof. Romano Pesavento per formare coscienze civili

Giornata nazionale della Legalità 2025: la testimonianza della studentessa Giulia Menzano e l’impegno del prof. Romano Pesavento per formare coscienze civili

A cura di Redazione
22 maggio 2025 21:07
Giornata nazionale della Legalità 2025: la testimonianza della studentessa Giulia Menzano e l’impegno del prof. Romano Pesavento per formare coscienze civili -
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Il Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani in merito alla Giornata Nazionale della Legalità 2025, desidera sottolineare l’importanza di promuovere, attraverso l’educazione, una cultura della legalità, della giustizia e della cittadinanza attiva.

Ricordare il sacrificio di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, degli agenti delle scorte e di tutte le persone che hanno pagato con la vita il proprio impegno contro le mafie, significa ribadire con forza il ruolo fondamentale della scuola nel formare coscienze critiche, responsabili e consapevoli.

In tale occasione ci è parso opportuno raccontare quelle giornate di orrore ma di crescente consapevolezza civile attraverso le parole della giovane studentessa Giulia Menzano della classe II sez. D del liceo scientifico Filolao di Crotone.

“L’attentato del 23/05/1992, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, sua moglie e collega, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, per alcuni rimarrà solo una pagina di storia. Per altri, la morte da eroi di 5 uomini, è l’inizio di una nuova epoca.

Una tragedia che ha dato l’impulso giusto per far emergere la necessità di vivere di giustizia, libertà, onestà. La storia di 5 uomini in una serata funesta, che pesa come un macigno nella storia della democrazia, nella storia della nostra nazione, nella storia di ogni uomo. Una tappa fondamentale per il futuro della lotta alla mafia, ma anche per il futuro delle coscienze di tanti giovani, che sareb-bero risorte dal sonno in cui si cullavano. Dopo quella sera, anche la mente più pigra si è improvvi-samente svegliata. Assimilato il clamore, la coscienza bussa nel profondo, si fa strada lo sdegno, il cervello si desta. Non più rabbia, non più scalpore. Basta con vergogna, tristezza, rimpianti. Diventa obbligatorio prendere coscienza che ognuno deve fare la sua parte, che lo sdegno deve trasformarsi in impegno. Che la vergogna deve diventare sostegno, la tristezza coraggio, il rimpianto lo slancio per un mondo nuovo.

La memoria è importante, i giovani non devono perdere di vista anche quella di eventi non vissuti, perché tenerla accesa è un obbligo, un dovere, una necessità per evidenziare e far comprendere il valore di alcuni eventi, ma soprattutto il valore di donne e uomini, eroi, martiri, morti per la ricerca di giustizia, libertà, onestà, come Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Di-cillo e Antonio Montinaro.

È scioccante pensare al dolore dei parenti delle vittime. Quella paura costante diventata una dura realtà. Un pugno nello stomaco da incassare, pur sapendo che poteva essere evitato. Così, penso al dolore di Rosaria Costa. Alle sue parole il giorno dei funerali del marito Vito Schifani, davanti a politici, gente comune e, magari, anche davanti a coloro che ne hanno deciso e decretato la morte. Un grido di dolore, ma anche di speranza e perdono che ha commosso il mondo, le sue parole sono rimaste sulla pelle dei presenti come un tatuaggio indelebile: “… A nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato, chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia.… Adesso, rivolgendomi agli uomini della mafia, … sappiate che anche per voi c’è possibilità di perdono… Se avete il coraggio di cambiare … Vi chiediamo signori per la città di Palermo che avete reso città di sangue, troppo sangue, di operare anche voi per la pace, la giustizia e la speranza e l’amore per tutti”. Aggiunge, poi, amaramente: “non c’è amore qui, non ce n’è amore qui, non c’è amore per niente!”.

Rosaria Costa, rivelò ai giornalisti che “Quel messaggio avrebbe dovuto essere solo di pace e di perdono. Ma poi in chiesa, guardando quelle facce, non ce l’ho fatta. Avrei dovuto leggere parole che parlavano di pentimento e loro non si pentivano”. Le sue parole si rivolgevano a tutti. Erano dirette allo Stato, complice, alla gente comune, che finge di non sapere, ai mafiosi responsabili. Nelle sue parole la richiesta di pentimento consapevole che difficilmente arriverà, l’illusione di un cam-biamento che probabilmente sarà vana, la speranza illusoria di un impegno per la pace che sarà

disattesa solo due mesi più tardi, con un altro terribile attentato ai danni del giudice Borsellino ed alla sua scorta.

Allora, risuonano come terribile verità e presagio i versi di Battiato, nella sua “povera Patria, composta pochi mesi prima della strage di Capaci:

“Povera patria,

schiacciata dagli abusi del potere

Di gente infame, che non sa cos’è il pudore …

… Tra i governanti

Quanti perfetti e inutili buffoni

Questo paese devastato dal dolore

Ma non vi danno un po’ di dispiacere

Quei corpi in terra senza più calore?…

… Nel fango affonda lo stivale dei maiali

Me ne vergogno un poco e mi fa male

Vedere un uomo come un animale

Non cambierà, non cambierà

Sì che cambierà, vedrai che cambierà

Si può sperare

Che il mondo torni a quote più normali

Che possa contemplare il cielo e i fiori”.”

Oggi parlare di legalità è un impegno da condurre quotidianamente in ogni luogo, contesto, realtà. Luci e ombre nella lotta alla criminalità organizzata continueranno purtroppo a coesistere per molto tempo, ma solo attraverso la cultura e la memoria da diffondere, soprattutto tra i giovanissimi, si potranno profilare orizzonti nuovi e liberi. Perché memoria, cultura e democrazia non possono essere scisse.

prof. Romano Pesavento

presidente CNDDU

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