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La condizioni dei docenti oggi. Due testimonianze, la personale esperienza

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27 ottobre 2024 11:52
La condizioni dei docenti oggi. Due testimonianze, la personale esperienza -
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La condizione dei docenti oggi. Due risposte alla complessità di un lavoro non adeguatamente ricvonosciuto. L’esempio personale

La condizione dei docenti oggi. Due risposte

La condizione dei docenti. Presento di seguito due esempi estremi. Nel primo prevale l’entusiasmo moderato. Consapevole della complessità e anche dei nodi critici dell’essere docente che poi s’identifica molto con il fare. Nel secondo invece, prevale lo scoraggiamento, prodotto dal non riconoscersi più nel modello-scuola. Nella sua pagina Facebook , mantenendo i piedi per terra, parte dalla domanda “toccata” dalla complessità e dalla difficoltà dell’insegnane oggi . “Ma chi te lo fa fare? Se hai scelto di fare questo mestiere, è una domanda che ti senti fare, ogni tanto. E, anche se non te lo chiedono proprio proprio con le parole, spesso la vedi scritta negli occhi della gente, amici e parenti che ti guardano con quell’espressione un po’ così, mezza compassione mezza: MAH. Già.Chi me lo fa fare. Me lo fa fare L., che arriva da me tutta abbacchiata perché ha visto tanti segni rossi sul suo compito, ma quando le dico “Ehi, ma lo sai che scrivi proprio bene?”, una scintilla le si accende negli occhi. Perché gli errori con l’esercizio si imparano a evitare: certe sensibilità, certe delicatezze dell’anima che si nascondono nella filigrana della scrittura, o le hai o non le hai”.
Il secondo esempio propone l’epilogo lavorativo di G. Fenocchio insegnante di lettere che dopo 25 anni ha deciso di lasciare la scuola. “Questa non è più la mia scuola. Non il Copernico, ma la scuola di adesso. Mi sento sconfitta. E’ una generazione troppo tutelata e questo credo sia anche all’origine del disagio che i ragazzi provano. La scuola li mette di fronte alle difficoltà, ma dal momento che non sono abituati ad affrontarle vanno in crisi”.Le motivazioni possono essere riassunte (è lei che le esplicita)  neltramonto dello studente, prodotto dall’aziendalizzazione, dal dominio della tecnologia e dall’invadenza dei genitori che impediscono ai ragazzi di crescere.

Il fascino della meraviglia e dei perché dei bambini 

Personalmente ho lavorato tanto nella scuola (42 anni e 10 mesi). Ho vissuto la complessità del nostro lavoro. I nodi critici non li esplicito, li conosciamo tutti. Sono sempre rimasto meravigliato dal profilo filosofico dei bambini. Essi sono i primi filosofi. Si stupiscono di tutto, sono aperti alla meraviglia (Aristotele), pronti (se supportati) a cambiare, a provare strade nuove. I bambini sono la domanda (meraviglia, perché) dell’esser-ci sull’Essere (M. Heidegger). Domanda che l’adulto talvolta  tende a mortificare non rispondendo, o tacitandola in modo perrentorio (“Basta con le domande…”). Scriveva nel 2010 il filosofo E. Bencivenga (La filosofia come stumento di liberazione)esalta il gioco dei bambini perché caratterizzato dall’immaginazione, dal pensare una realtà che non c’é. aggiungendo “che la filosofia va concepita, come appassionata, paziente, giocosa esplorazione  di ciò che non è stato ancora visto e immaginato: come ininterrotto, irriverente questionare le abitudini consolidate: come apertura di nuovi scenari di vita, di nuove forme di convivenza
Ho intrapreso il percorso filosofico (università) e durante gli studi e gli approfondimenti spesso riemergono i volti meravigliati e sorpresi, le voci dei bambini che esprimono nei perché la domanda che va oltre le risposte momentanee, riponendo l’interrogativo.
Il mio obiettivo è mettere in contatto la domanda riflessiva dell’adulto e quella  immediata del bambino, che però genera e alimenta la prima.

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