La scuola identitaria e il rischio di una cultura divisiva
Le nuove linee guida del Ministero dell’Istruzione e del Merito sulla scuola, analizzate con lucidità da Elena Tebano, editorialista del Corriere della Sera, suscitano riflessioni profonde. Il documen...

Le nuove linee guida del Ministero dell’Istruzione e del Merito sulla scuola, analizzate con lucidità da Elena Tebano, editorialista del Corriere della Sera, suscitano riflessioni profonde. Il documento ministeriale, che insiste fortemente sull’identità occidentale, sull’insegnamento della storia come narrazione eroica e sul ruolo “complementare” delle differenze di genere, appare destinato a generare controversie e a segnare un netto arretramento rispetto agli approcci educativi moderni.
Recentemente, il Ministro Giuseppe Valditara ha difeso queste nuove proposte educative, sottolineando l’importanza di riscoprire il piacere della lettura e migliorare le capacità di scrittura attraverso misure come l’introduzione opzionale del latino nelle scuole medie, la lettura della Bibbia e l’apprendimento mnemonico di poesie. Tuttavia, queste misure hanno suscitato critiche politiche e sociali, venendo definite “retrograde” e “nostalgiche”.
La scelta di impostare la formazione scolastica esclusivamente attorno a una visione occidentale ed eroica, come evidenziato da Tebano, ignora decenni di evoluzione nella didattica e nella storiografia, che sottolineano invece l’importanza di una visione pluralistica e critica del passato. L’educazione storica proposta sembra voler trasformare gli studenti non in cittadini capaci di analizzare e comprendere il mondo in tutta la sua complessità, ma in destinatari passivi di un racconto semplificato e autocelebrativo.
In questo senso, il richiamo del Ministro Valditara alla “serietà” e alla qualità formativa potrebbe apparire convincente solo in superficie. La sostanza delle proposte, però, rivela un’intenzione più ampia e meno neutrale: recuperare una sorta di “orgoglio occidentale” che rischia di trasformare la scuola da spazio inclusivo e aperto alla diversità in luogo di esclusione culturale e sociale.
Elena Tebano coglie nel segno quando evidenzia la problematicità di una visione della storia ridotta a mera propaganda identitaria. Infatti, il documento ignora deliberatamente l’interconnessione globale che caratterizza da sempre la storia umana, proponendo una narrazione dove protagonisti assoluti diventano eroi e martiri nazionali, a scapito delle dinamiche sociali più profonde e autentiche.
Il passaggio forse più controverso riguarda l’educazione alle differenze di genere, interpretata nella chiave della “complementarità” tra maschi e femmine. Tebano evidenzia come questa prospettiva richiami la dottrina cattolica sulla complementarità biologica e psicologica tra uomo e donna, delineata chiaramente da Joseph Ratzinger nel 2004. Tale visione rischia di riprodurre un modello tradizionalista, in cui il ruolo della donna viene ancorato nuovamente a schemi rigidamente definiti dalla sua funzione biologica e familiare, limitando fortemente la possibilità di educare giovani generazioni capaci di superare stereotipi e pregiudizi radicati.
Anche sul piano pratico-amministrativo le proposte di Valditara hanno sollevato polemiche. Recentemente, infatti, l’assessore umbro Fabio Barcaioli ha definito “inaccettabile” e sintomatica di un approccio “arrogante” la richiesta del Ministero di eliminare alcune autonomie scolastiche, criticando il ministro per aver tentato di presentare tale operazione come necessaria per incrementare il personale scolastico.
Il Ministero, dunque, sembra ignorare la necessità di un’educazione autenticamente critica e inclusiva, fondamentale per preparare studenti in grado di confrontarsi efficacemente con un mondo sempre più complesso e plurale. Al contrario, appare prevalere l’intento di usare l’istruzione come strumento di consolidamento di un’identità nazionale rigida e impermeabile al cambiamento.
In definitiva, la bozza ministeriale sembra dimenticare che l’obiettivo dell’istruzione non è plasmare giovani conformi a una specifica visione del mondo, bensì fornire strumenti critici affinché possano costruire in autonomia il proprio futuro. La scuola identitaria proposta dal Ministro rischia di fallire proprio in questo compito essenziale, limitandosi a celebrare ciò che divide invece di educare a ciò che unisce.