Lei 14 anni e lui 19, è reato? A scuola di Diritto per gli atti sessuali fra minori
Lei 14 anni e lui 19, è reato? A scuola di Diritto per gli atti sessuali fra minori

L’ultimo femminicidio registrato ad Afragola, in provincia di Napoli, ha scosso l’opinione pubblica anche per l’età della vittima, Martina Carbonaro, di soli 14 anni. L’assassino, il 19enne Alessio Tucci, intratteneva con lei una relazione amorosa da circa due anni, ed ha confessato di averla uccisa perché lasciato. In effetti, stando alle pubblicazioni sui social, i primi riferimenti ad una possibile relazione fra i due risalgono ad ottobre del 2023, quando Martina aveva 12 anni e Alessio 17 (o quasi): in un post su TikTok la ragazza ironizza sulla situazione sentimentale delle sue amiche ed infine anche sulla sua, descritta con queste parole: – sto sotto a un tipo già fidanzato, lui sa che esisto –.
L’opinione pubblica, come è giusto che sia, punta il dito sul movente, ovvero sulla incapacità del maschio di accettare il rifiuto da parte di una donna, che purtroppo caratterizza tutti i femminicidi senza distinzione di età, ceto sociale e livello culturale dei carnefici, avvalorando sempre di più la tesi che l’educazione dei maschi, di stampo evidentemente patriarcale, vada rivista in modo radicale. Tuttavia, il caso di Martina Carbonaro ci invita a porci anche una domanda, a cui il Diritto risponde nel codice penale: una relazione fra minorenni è sempre legale?Vediamo cosa dice la legge, che negli articoli 609-bis e 609-quater cp ci spiega quali sono i casi in cui gli atti sessuali fra minori configurano un reato, con una doverosa premessa: per la legge si considera atto sessuale non soltanto un rapporto intimo completo, ma anche qualunque contatto con le parti intime della vittima, e pertanto anche baci, sfioramenti e palpeggiamenti, anche quando il consenso è presente in modo inequivocabile: se trattasi di un minore, infatti, in alcuni casi il consenso si considera viziato indipendentemente dalla sua manifesta volontà, e pertanto è nullo. Per comprendere meglio partiamo dal dettato dell’ Art. 609 bis cp
“Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.”
L’articolo ci fa comprendere in particolare che:
1) in Italia il consenso ad avere rapporti intimi è valido dai 14 anni in sú, al di sotto di tale soglia, come già detto, il consenso si considera viziato e pertanto non valido.
2) Se un minore di almeno 14 anni desidera intrattenere una relazione con un adulto maggiorenne, lo può fare.
La legge precisa, però, alcune eccezioni ai rapporti sessuali con minori nel 609 quater cp, articolo importantissimo per definire il labile confine fra consenso e abuso, tanto per cominciare, nel caso di un adulto che approfitti del suo ruolo sociale ed affettivo nella vita di un minore per carpirne la fiducia ed il conseguente consenso (si pensi ad una figura di riferimento a cui i genitori hanno affidato il figlio o la figlia per cure, relazioni familiari o istruzione); ma non solo: il 609 quater cp si occupa anche delle relazioni in cui entrambi sono minorenni, ed è proprio in quest’ultima ipotesi che rientrerebbe la relazione di Martina Carbonaro con Alessio Tucci.
Vediamo il perché.
In particolare al quinto comma, l’art.609 quater cp recita:
5. Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a quattro anni.
Dunque, quando due minori hanno una relazione sentimentale, si può configurare un reato se il più piccolo fra i due ha meno di 13 anni e la differenza di età fra i due è superiore ai 4 anni: per tale motivo, quando Martina Carbonaro aveva 12 anni, la famiglia avrebbe potuto denunciare l’allora 17enne Alessio Tucci, in quanto una tale differenza di età fra due minori non è contemplata dalla legge italiana.
Non a caso, Alessio Tucci considerava Martina “la sua bimba”, eppure era un ragazzino, ma a quell’età anche due anni di differenza si notano molto, mentre accade l’inverso quando si cresce. Dal loro canto, i genitori di Martina sono stati, più che permissivi, fiduciosi nella capacità di autodeterminazione della figlia, anche perché, con tutta probabilità, ignoravano che la relazione della loro bambina fosse da codice penale, aspetto probabilmente ignorato dai più.
In conclusione, c’è chi storce il naso in questi giorni, di fronte a coloro che non si limitano a parlare di femminicidio di stampo patriarcale, ma restano interdetti anche all’idea che una ragazzina di 12 anni si fidanzi in casa con uno di 17: ebbene, se per la legge italiana una simile differenza d’età rappresenta un pericolo, non dovrebbe rappresentarlo anche per tutti noi? Al di là di quanto sia informato un genitore, sappiamo con certezza che i giovani non lo sono, e che pertanto urge farlo al più presto, per una seria rivoluzione culturale. Lo studio del Diritto non serve solo a diventare bravi cittadini, ma anche a sviluppare la capacità critica necessaria per tutelare se stessi e non fare del male agli altri. I segnali di una relazione disfunzionale, purtroppo, sono spesso difficili da intercettare, Martina, con l’aiuto di sua madre, ci era riuscita ed aveva deciso giustamente di fuggire, ma abbiamo gli elementi per pensare che la sua relazione fosse già partita con il piede sbagliato, e questo elemento fa riflettere.