La Voce della Scuola

L’I.A. di Elsa Morante ne Il mondo salvato dai ragazzini

Scritto tra il 1966 e il 1968 (anno della sua prima pubblicazione), Il mondo salvato dai ragazzini, di Elsa Morante è un’antologia poetica (l’unica della Morante, se si esclude Alibi, sua raccolta poetica giovanile) che ha sempre fatto discutere.

A cura di Trifone Gargano
01 ottobre 2024 15:49
L’I.A. di Elsa Morante ne Il mondo salvato dai ragazzini -
Condividi

Scritto tra il 1966 e il 1968 (anno della sua prima pubblicazione), Il mondo salvato dai ragazzini, di Elsa Morante è un’antologia poetica (l’unica della Morante, se si esclude Alibi, sua raccolta poetica giovanile) che ha sempre fatto discutere. Celeberrima la stroncatura senz’appello di Carlo Bo, che in questo libro di Elsa Morante non coglieva nulla, ma proprio nulla di poetico (e di letterario), bollandolo, dalle colonne del «Corriere della sera», sprezzantemente come atto anarchico, sovversivo, attribuendo questo atteggiamento della Morante, questa sua rabbia sfogata in letteratura, a un qualche trauma infantile, e nulla più. Bo, nella sua recensione liquidatoria, aggiungeva che Elsa Morante non avesse «nulla a che fare con quella che è la linea della lirica moderna». Ovviamente, sbagliava, entrando egli stesso in contraddizione, nel corpo dello stesso articolo, lì dove cioè, dopo aver negato alcun legame della Morante con la «linea della lirica moderna», riconosceva che, nel libro lirico di Morante fossero evidenti «richiami» e «riferimenti» (senza però precisarli, ma, al contrario, ribadendo il suo atteggiamento di chiusura nei confronti dell’autrice). Ben diverso fu l’atteggiamento critico di Pier Paolo Pasolini, che, qualche anno dopo, a proposito della Storia di Elsa Morante, non sarebbe stato, certo, tenero; ebbene, Pasolini, su Il mondo salvato dai ragazzini, in due interventi successivi, colse in profondità il nucleo autentico del libro, e cioè la dimensione favolistica, oltre al suo valore politico, fino a farne, appunto, un «manifesto politico[…] di quella nuova sinistra che in Italia pare non poter esistere», aggiungendo, appunto, che quel libro della Morante fosse un «manifesto politico scritto con la grazia della favola, con umorismo, con gioia». Pasolini coglieva, inoltre, il fondo autenticamente funebre, tragico di quel libro, costruito, a suo giudizio, dal di dentro delle ossessioni del moderno: «l’atomica, la morale dei consumi e il profondo desiderio di autodistruzione». Tutto ciò, concludeva Pasolini, vissuto e interpretato dalla Morante in modo originale e personale, dentro un linguaggio, all’interno cioè di un sistema linguistico comunicativo, volutamente scandaloso.

Elsa Morante e Alfonso Gatto, sul set del film di Pasolini “Il Vangelo secondo Matteo”, a Massafra (Ta)
Elsa Morante e Alfonso Gatto, sul set del film di Pasolini “Il Vangelo secondo Matteo”, a Massafra (Ta)

Libro, indubbiamente, complesso, suddiviso in tre parti, di ampiezza variabile, e con ulteriori suddivisioni interne, per ciascuna delle tre parti, rispettivamente:

Prima parte: Addio

Seconda parte: La commedia chimica

Terza parte: Canzoni popolari

In questa sede, per ora, mi limito a proporre una lettura interpretativa dell’ultima Canzone, contenuta nella terza parte del libro, esattamente quella di congedo, la Canzone finale della stella gialla detta pure La carlottina, per cogliere, in essa, la presenza dell’I.A. (Intelligenza Angelica), con l’esplicito rinvio a un canto ben preciso del Paradiso dantesco. L’io narrante della Canzone è una ragazzina di 14 anni, Carlotta, di cittadinanza berlinese, e di nazionalità germanica. La storia si colloca nel secolo Ventesimo, nel tempo in cui «Re dei Tedeschi[…] era un certo Hitler». Agli occhi di Carlotta, questo Hitler non presentava alcun carattere speciale, se non che avesse l’aspetto di un vecchietto, con la fissa «di urlare sempre dentro a tutti gli apparecchi radio», e inoltre gli sembrava che il corpo di questo re Hitler campasse d’aria, quasi un prodigio di natura, avventurandosi, quindi, nella spiegazione etimologica del “dubbio” vocabolo «ariani» (che fossero fatti d’aria tutti gli ariani?). Un giorno, per tutte le vie di Berlino, fu affisso un «Avviso d’importanza», riguardante l’obbligo per «ciascun individuo di razza non ariana» (giudea) di cucire obbligatoriamente sugli abiti una stella gialla «ben visibile a uso distintivo», pena il deferimento immediato dinanzi ai «Tribunali speciali / che agiscono senza interruzione sia di giorno che di notte». Carlotta legge e rilegge quell’Avviso d’importanza, e trova che è “storto”, che, cioè, non contempla la disubbidienza degli ariani (quella giudaica sì, minacciando il deferimento dinanzi al Tribunale speciale, ma la disubbidienza ariana, no). Carlotta, quindi, decide di disubbidire, da ariana:

 

Alla seguente mattina, sono uscita per le vie sfoggiando

in petto la stella gialla dei giudei

come una rosa.

[…]

I primi ariani a imitarmi sono stati immediatamente

i miei compagni più malandri, le compagnucce sfiziose.

[…]

In quattro o cinque giorni, agli studenti

s’aggiungono garzoncelli di bar, cascherini, manovaletti,

e poi soldati, mariani, Her e Von,

dame, cameriere e prostitute

preti e frati e monache.

Tutti vanno sfoggiando la stella gialla

le stelle si moltiplicano a migliaia

la stella gialla è diventata la grande voga!

[…]

 

In men che non si dica, questa stranezza viene notata dalle autorità che si chiedono come mai circolassero tante stelle gialle, che fossero così tanti «i giudei di Berlino»? che più di metà della popolazione berlinese fosse giudea? Infine, una mattina, nel «tempo di un attimo», si manifesta un miracolo: tutte le stelle gialle diventano d’oro zecchino, che sembra un firmamento in pieno giorno. In questo sfavillìo di stelle d’oro zecchino, compaiono le I.A., tutte le Intelligenze Angeliche:

 

Sono le squadre angeliche! al completo!

Angeli, Arcangeli e Principati,

Potestà, Virtù e Dominazioni,

Troni, Cherubini e Serafini.

 

Le I.A. sono creature spirituali, sostanze separate dalla materia, e quindi collocabili al di fuori del tempo umano (Dante definisce le Intelligenze Angeliche, appunto, come «sustanze sempiterne», Pd, XXVI, 39), ma, per volontà divina, posseggono il potere di intervenire attivamente nella storia umana, nel tempo. Sono in numero indefinito, e sono di natura luminosa. Una parte di queste Intelligenze seguì Lucifero, nella sua superba ribellione, e, quindi, lo seguirono nella condanna. Un’altra parte, invece, non si schierò, né con Dio, né con Lucifero, e quindi furono scacciati dal Paradiso, ma non nemmeno accolti da Lucifero, finendo, così, nell’Antinferno (tra ignavi, e pusillanimi).

La scansione ternaria delle I.A., che qui propone Elsa Morante, in questa Canzone, rinvia al canto XXVIII del Paradiso dantesco (v. 98 e ss.), nel quale Dante, correggendo sé stesso, segue l’ordinamento delle I.A. proposto da Dionigi pseudo-Areopagita (nel Convivio, invece, aveva proposta un’altra scansione ternaria). Il guizzo poetico, di genio, di Elsa Morante sta nei versi successivi della sua Canzoni, nei quali elenca le Intelligenze di questo suo Paradiso interetnico: un Arcangelo è biondo girasole; un altro, invece, è di un pallore bruno siciliano; un Cherubino è un «pigmeo di sublime grazia», e gareggia con un altro Cherubino cinese; un Trono è indiano, che dà la mano a un angioletto semita. L’attenzione di Carlotta s’appunta su una Dominazione negra, che «sola precede le squadre»:

 

Tutti quanti hanno armature d’oro

doppie ali d’oro (le prime due, grandissime, spiegate all’aria,

e le altre due, meno grandi, richiuse sul ventre, come due foglie

d’un vegetale meraviglioso e pudico)

e tutti hanno trombe, e flauti, e tube, e saxofoni ecc.

d’oro.

 

Anche nelle descrizioni delle I.A., Morante segue la tradizione biblica e dantesca. Il gran frastuono musicale, fatto da queste I.A., scuote il palazzo del potere:

 

s’affacciano

Hitler Adolfo, inteso fra i ragazzini col nomignolo di Monobaffo o anche di Vaffàn,

Goering Hermann, detto il Ciccione o il Panzone,

e Goebbles Paul Joseph, soprannominato Itterizia.

Le loro tre facce maniache

guardano in su, stravolte da un orrore così nudo

da parere una indecenza.

Niente davvero è più tragico

della pazzia.

[…]

 

Tra le I.A., è il Cherubino cinese che parla per tutti, facendosi avanti e rivolgendosi ai potenti:

 

«Perché fate quelle smorfie da matti?

Noi siamo qua soltanto per annunciarvi

che la vostra guerra

è finita

prima ancora dell’inizio.

[…]

voi pure, poveri diavoli assassini e magnacci

dovrete inevitabilmente

ritornare

al Paradiso.

E là noi quel giorno vi spiegheremo perché

la vostra guerra

pure quella

comunque vi andasse, vittoriosa o persa, e per quanto lugubre, oscena e feroce vi riuscisse

ALLA FINE

IN SOSTANZA E VERITÀ

NON POTEVA ESSERE STATA MAI, PURE QUELLA

NIENT’ALTRO CHE

UN GIOCO».

 

Quanta attualità, in questi versi gioiosamente dolenti. E quanta nostalgia, per un poeta come Elsa Morante.

La Voce della Scuola sui social