Libro e pallonetto, fascista perfetto?
Sta agitando le solite polemiche da Strapaese un’impresa sportiva calcistica, precisamente, il gol segnato per la Juve Stabia, squadra nella quale milita, in serie B, da parte del promettente calciatore Romano Floriano Mussolini

Sta agitando le solite polemiche da Strapaese un’impresa sportiva calcistica, precisamente, il gol segnato per la Juve Stabia, squadra nella quale milita, in serie B, da parte del promettente calciatore Romano Floriano Mussolini (bis-nipote di Benito Mussolini, figlio di Alessandra Mussolini), contro il Cesena (partita disputata il 22 dicembre). Grazie al suo gol, la Juve Stabia, ha agguantato il quarto posto in classifica. Il calciatore ha 21 anni e gioca come terzino destro (in alcune circostanze, anche come centrocampista di destra, ovvio, mai di sinistra!). Le polemiche sono sorte per via del suo secondo cognome, Mussolini, appunto, regolarmente esibito sulla maglietta (con appuntato in F. il primo cognome, quello del padre), e dell’esultanza sugli spalti, come dire, un po’ accesa e colorita, con qualche gesto di troppo, da parte di alcuni gruppi di tifosi della sua squadra. Nulla imputabile alla volontà del calciatore, ovviamente, al quale tutto il mondo sportivo augura una brillante e luminosa carriera, come merita.
Certo, probabilmente, il giovanissimo Romano non sa che alla sua stessa età, il bisnonno Benito, in quanto giovane dirigente del socialismo italiano, odiava lo sport, in quanto passatempo borghese e dannoso per l’educazione (rivoluzionaria) dei giovani. Insomma, per il giovane Benito, lo sport era l’«oppio dei popoli». Attraverso le colonne del giornale «Lotta di classe», fondato e diretto da Benito Mussolini nel 1909, il futuro duce si scagliava sistematicamente contro lo sport, paragonandolo a uno dei tanti «tranelli che l’attuale sistema di governo plutocratico e borghese ha teso alla inconsapevole dabbenaggine delle moltitudini». Erano ancora lontanissimi gli anni in cui, intorno al 1934, grazie al Mondiale di calcio vinto, in Italia, dalla squadra della nazionale italiana, Mussolini si sarebbe convinto che lo sport era uno degli strumenti più importanti (la televisione, a quel tempo non esisteva ancora) per la raccolta del consenso. Il giovane calciatore Romano Floriano Mussolini, molto probabilmente, non sa che il suo bisnonno, da fervente socialista rivoluzionario era solito sabotare il Giro d’Italia (organizzato dalla Gazzetta dello Sport per la prima volta con tracciato nazionale nel 1909, dal 13 al 30 maggio) spargendo chiodi lungo le strade del tracciato di gara, perché convinto che “sport” e socialismo” fossero due termini in totale antagonismo tra di loro. Lo sport come «lusso inutile», convinto com’era il Benito Mussolini di quegli anni, che «per i mal nutriti la ginnastica non solo sarebbe cosa superflua, ma peggio, sarebbe deleteria».
Per il momento, dinanzi a questo primo gol, messo a segno da Romano Floriano Mussolini in serie B, credo che sia giusto esultare sportivamente, senza tante braccia alzate, certo, ma esultare per la sua prodezza (anche perché non gioca da attaccante, e quindi ha doppio valore il suo gol), augurandogli per il bene della sua squadra attuale e per il bene della sua carriera di calciatore, di metterne a segno tanti altri. Egli conoscerà certamente le cinque poesia di Umberto Saba sul calcio, scritte tra il 1933 e il 1934 (celeberrima la poesia Goal), ma mi permetto ugualmente di segnalargliele, come lettura utile, per non cadere nell’errore di valutazione che l’allora ragazzotto Benito Mussolini fece, nella valutazione dello sport. Delle cinque poesie, in particolare, suggerisco la poesia Tredicesima partita:
Piaceva
essere così pochi intirizziti
uniti,
come ultimi uomini su un monte,
a guardare di là l’ultima gara.
Ultimi uomini, scriveva Saba, quasi si trattasse di “sentinelle”, dinanzi a un mondo in frantumi (già nel 1939 sarebbe scoppiato l’inferno della seconda guerra mondiale). Lo sport, dunque, è educazione al civismo, educazione alla cittadinanza attiva e responsabile. Educazione al rispetto delle regole e dell’avversario (che non è mai un “nemico”)