La Voce della Scuola

Nel 57esimo rapporto del Censis un’Italia in decremento demografico: quali conseguenze per il sistema dell’istruzione?

Attento e puntuale, anche quest’anno il Censis che torna a dipingere il Bel Paese dal punto di vista della condizione socio-economica generale. Lo fa  a tinte fosche, facendo emergere il senso general...

A cura di Roberta Granata
06 dicembre 2023 12:31
Nel 57esimo rapporto del Censis un’Italia in decremento demografico: quali conseguenze per il sistema dell’istruzione? -
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Attento e puntuale, anche quest’anno il Censis che torna a dipingere il Bel Paese dal punto di vista della condizione socio-economica generale. Lo fa  a tinte fosche, facendo emergere il senso generale di incertezza nei confronti di  attacchi terroristici, di cambiamenti climatici e, soprattutto, di conflitti in essere.

Unico spiraglio quello di una maggiore apertura sul  piano dei diritti civili.

Il 74% dei nostri connazionali si dice favorevole all’eutanasia, mentre sette italiani su dieci approvano l’adozione di figli da parte dei single e il 54% da parte di coppie omogenitoriali. Il 65% si schiera a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso e il 72% dice sì all’introduzione dello ius soli. Una percentuale che sale al 76% per lo ius culturae.

In questo quadro resta da sottolineare il dato occupazionale che segna un indice positivo, con 23,4 milioni di occupati nel primo semestre di quest’anno, il migliore in Italia da sempre, eppure sempre al di sotto della media europea.

Una popolazione, quella italiana, che invecchia in modo inesorabile; lo studio in oggetto si spinge ad aprire una finestra sul 2040, anno in cui le coppie con figli rappresenteranno solo il 25% del totale, mentre gli anziani soli di cui il welfare dovrebbe farsi carico saranno aumentati esponenzialmente.  Nel 2050, tra meno di trent’anni, si stima che l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti, come se le due più grandi città, Roma e Milano, venissero totalmente svuotate.

Anche il sistema di istruzione e formazione ne farà le spese, vedendosi tagliate  le risorse e ridotti gli investimenti in materia di ricerca e sviluppo.

In questa fase è stata già definito un progressivo ridimensionamento degli istituti con conseguente in termini di accorpamento delle scuole, talvolta in modo poco appropriato, sacrificando il dogma dell’autonomia scolastica in favore di quello dell’economicità.

Il personale del comparto istruzione sta osteggiando queste scelte (suggellate sia dai governi di centro sinistra che da quello attuale) teme una ulteriore svalutazione del ruolo che la scuola ricopre nella formazione delle giovani generazioni.

A tal proposito il Ministero spiega che l’intervento normativo di riforma del sistema di dimensionamento della rete scolastica nazionale discende da una “stringente” indicazione europea, nell’ambito delle misure del PNRR, che mira ad adeguare la rete scolastica all’andamento anagrafico della popolazione studentesca. In particolare, la riforma si pone l’obiettivo di armonizzare la distribuzione delle Istituzioni scolastiche a livello regionale con l’andamento della denatalità, considerando un arco temporale di dieci anni e superando il modello attuale.

Senza risorse e con continui tagli non si possono assicurare né inclusività, né attenzione alla qualità degli apprendimenti, nè tantomeno dar corso a quelle tanto decantate sinergie tra scuola e territorio.

Si può solo tirare (male) a campare, che è poi quello che gli italiani sanno fare meglio, senza rendersi conto che è la causa delle loro stesse paure.

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