Referendum 8 e 9 giugno: un diritto civico da preservare, che i lavoratori della scuola non siano da meno
Referendum 8 e 9 giugno: un diritto civico da preservare, che i lavoratori della scuola non siano da meno

A cura di Fania Gerardo
Il referendum del 8 e 9 giugno , si avvicina inesorabilmente, inutile ricordare l’importanza del voto, un diritto che appartiene a ciascuno di noi, un dovere civico, così dice la nostra Costituzione, di questo dovremmo fare tesoro, da qui all’esistenza.
La rinuncia a decidere sui problemi comuni rende possibile a una minoranza di governare in modo irresponsabile nei confronti dei cittadini, una sorta di governo legittimato dal vuoto, dall’assenza della partecipazione sociale.
Se non sarà raggiunto il quorum , ben più che i referendum, sarà sconfitta la democrazia, intesa come partecipazione.
È importante andare a votare, per il futuro del lavoro e delle politiche migratorie.
Anni di mal governo e di politiche ( anche sindacali )hanno prodotto una crescente precarizzazione del lavoro, si tratta ora di decidere se vogliamo continuare a lasciare ad altri il campo libero sul futuro del lavoro e sulle politiche migratorie o se invece crediamo che sia giunto il tempo di dire la nostra e di farlo con forza, con una massicia partecipazione votante.
Il sistema referendario ha dei grossi limiti, è giusto ricordarlo, la sua natura abrogativa permette però di indicare la strada per ricostruire il meglio, il referendum possiede in sé una potenzialità di mutamento, un plusvalore democratico, che non può essere sottovalutata, con la vittoria del SI occorrerà partire sin da subito al buon seguito di tale risultato.
La vittoria del SI, privilegia inesorabilmente la dignità del lavoro definita nella nostra Costituzione; può permettere di abbandonare le politiche di rifiuto dell’altro per adottare quelle di integrazione e rispetto dei diritti costituzionali delle persone, secondo i dettami della nostra carta costituzionale.
Il filo conduttore dei cinque quesiti, è la necessità di rispristinare e potenziare i diritti degli ultimi, dei soggetti più esposti agli effetti deleteri di una società sempre più indifferente, nella quale la povertà e la diseguaglianza si estende, l’esito positivo dei referendum, per cui non basterà solo la maggioranza dei Sì, essendo necessario anche il raggiungimento del quorum del 50%+1 degli aventi diritto al voto, costituirà un primo passo ed un importante segnale del popolo sovrano verso un’inversione di tendenza.
I quattro quesiti, che riguardano il lavoro, si riferiscono ai contratti a termine, agli appalti e ai licenziamenti, ed hanno appunto lo scopo di rendere meno pesante la precarietà della condizione lavorativa, calpestando la dignità dei lavoratori, attraverso paghe da fame, orari impossibili, condizioni ambientali e di sicurezza da paese incivile, agevolando anche gli infortuni e le morti sul lavoro, a cui sembriamo ormai abituati.
Tutelare gli ultimi costituisce, d’altra parte, il compito fondamentale che la nostra Costituzione affida al legislatore, esattamente l’articolo 3.
Qualcuno sostiene che c’è la libertà di non votare: è una libera scelta, la seconda carica dello stato invita gli italiani ad astenersi, In fondo non è prevista alcuna sanzione per chi diserta le urne, è vero, però, appare incompatibile con la democrazia, che si fonda invece su un altro tipo di libertà, quella sociale.
Meglio lottare per le proprie convinzioni, impegnandosi anche con il voto per i nostri diritti e per i diritti di chi non ne ha. In fondo anche se non siamo lavoratori precari, anche se non siamo migranti senza cittadinanza non possiamo rinunciare a questi diritti.
«Chi lotta può perdere, ma chi non lotta ha già perso». Andiamo a votare, ed invito anche tutti i lavoratori della scuola alla massima partecipazione l’8 e 9 giugno.