Scrivo dal treno perché non ho tempo per farlo altrove
Scrivo dal treno perché non ho tempo per farlo altrove. Forse ce l’avrei pure, uno, due, magari anche tre ritagli di tempo a settimana, ma è il tempo di una pendolare, un tempo stanco, poco lucido, ch...

Scrivo dal treno perché non ho tempo per farlo altrove. Forse ce l’avrei pure, uno, due, magari anche tre ritagli di tempo a settimana, ma è il tempo di una pendolare, un tempo stanco, poco lucido, che non ha altra voglia che scorrere lento nel dolce far niente. Per una donna pendolare peraltro “niente” equivale a quel momento in cui, finalmente a casa dopo la razione quotidiana di centinaia di km, ti sei messa in pantofole ed hai già svolto una lunga lista di compiti obbligatori: salutare i conviventi umani e animali, fare un giro per casa a controllare il da farsi, e farlo, aprire il frigo per ipotizzare una cena con quello che c’è, perché una pendolare prima della prossima spesa finisce quasi tutto, e provvedervi; e dunque quando arriva il “niente” hai già utilizzato le ultime risorse energetiche per le incombenze domestiche, figuriamoci se ne restano per un articolo. Il treno per un pendolare è una seconda casa, per me che ho sempre odiato i mezzi pubblici è una novità, non credevo di andarci d’accordo, ma poi ho capito che il mio problema per il passato non erano gli autobus, la metro o la Circumvesuviana, quanto l’umanità azzeccosa e spesso maleodorante che vi si trova, che a sua volta riporta inevitabilmente ai tentativi di approcci maldestri più o meno leciti subiti da me e da tutte le donne del mondo. Il treno è più sicuro, ognuno al suo posto, e questo risolve. Il problema è doverlo prendere ogni giorno per lavoro, trasformando un trasporto amico in una sfacciata arma di distruzione dell’autostima, perché se hai mal di schiena quando torni la sera ti senti vecchia, e invece non sono vecchia, amico beffardo, sono solo pendolare, senza neanche averlo scelto. Chi sceglie di lavorare lontano da casa ha mille motivi per farlo, ogni giorno ne ricorda uno e va avanti, un docente immobilizzato non ne ricorda alcuno perché non ha scelto, e di motivi non ne ha.