Scuola, stop ai corsi gender senza consenso: cosa prevede il nuovo ddl sul consenso informato
Il dibattito sull’educazione affettiva e sessuale nelle scuole italiane si accende nuovamente con l’arrivo in Parlamento del disegno di legge (ddl) sul “consenso informato”. Il provvedimento, presenta...

Il dibattito sull’educazione affettiva e sessuale nelle scuole italiane si accende nuovamente con l’arrivo in Parlamento del disegno di legge (ddl) sul “consenso informato”. Il provvedimento, presentato da una componente della maggioranza di governo, prevede una stretta significativa sull’introduzione di contenuti riconducibili alle teorie gender nei percorsi scolastici, ponendo nuove condizioni all’organizzazione di corsi extracurriculari su temi come l’identità di genere, l’orientamento sessuale e la prevenzione della violenza.
Stop fino alle elementari, autorizzazione dai genitori nelle medie e superiori
Il ddl stabilisce che nessun corso che affronti tematiche legate al gender potrà essere proposto agli alunni della scuola primaria, nemmeno in forma laboratoriale o ludica. La ratio della norma, secondo i proponenti, è quella di evitare che concetti ritenuti complessi o controversi vengano introdotti in una fase evolutiva troppo precoce.
Per gli studenti minorenni della scuola secondaria – sia di primo che di secondo grado – il testo di legge introduce un meccanismo obbligatorio di informazione preventiva alle famiglie. In concreto, le scuole dovranno:
Informare per iscritto i genitori almeno sette giorni prima dell’avvio del corso;
Specificare contenuti, materiali e finalità del percorso;
Indicare il nome e le qualifiche dei formatori esterni coinvolti.
Solo con l’esplicito consenso scritto dei genitori, lo studente potrà partecipare al corso. In mancanza di autorizzazione, sarà escluso dalle attività senza alcuna penalizzazione.
Maggiori controlli sui formatori
Uno degli aspetti centrali del disegno di legge riguarda la selezione dei formatori esterni. Non sarà più sufficiente che un’associazione o un esperto proponga un progetto educativo: i contenuti dovranno essere approvati dal collegio dei docenti e validati dal consiglio d’istituto, due organi centrali nella governance scolastica. Inoltre, i formatori dovranno dimostrare competenze specifiche, essere in possesso di titoli idonei e, in molti casi, dovranno presentare anche una dichiarazione sui principi ispiratori del percorso proposto.
Secondo i promotori del ddl, queste norme servono a garantire “trasparenza e serietà” nell’offerta educativa extracurriculare, soprattutto su argomenti sensibili.
Reazioni nel mondo della scuola
Come prevedibile, il testo ha suscitato reazioni contrastanti. Alcune associazioni di genitori e movimenti conservatori hanno espresso soddisfazione, ritenendo che il ddl rafforzi la libertà educativa delle famiglie, impedendo che le scuole diventino luoghi di “indottrinamento ideologico”.
Di segno opposto le reazioni di molte associazioni studentesche e sindacati scolastici. Per la rete nazionale delle scuole inclusive, ad esempio, il ddl rappresenta un passo indietro nella lotta contro discriminazioni e stereotipi di genere, e rischia di silenziare le poche esperienze positive di educazione all’affettività e al rispetto che si erano avviate in questi anni, spesso in collaborazione con centri antiviolenza o consultori.
Anche alcuni presidi lamentano che il nuovo meccanismo rischia di appesantire il carico burocratico delle scuole e di creare ulteriori divisioni tra famiglie. “Se un corso ha valore formativo, dovrebbe essere accessibile a tutti – ha commentato un dirigente scolastico romano –. Così rischiamo di frammentare la comunità educativa”.
Una questione culturale e politica
Il ddl sul consenso informato si inserisce in una più ampia battaglia culturale che, negli ultimi anni, ha interessato diversi Paesi europei. Temi come l’educazione sessuale, l’identità di genere e l’inclusione LGBTQ+ sono diventati oggetto di conflitto ideologico, tra chi rivendica il diritto di affrontarli apertamente nelle scuole e chi ritiene che debbano rimanere esclusiva competenza della famiglia.
In Italia, la discussione tocca nervi scoperti, con un sistema scolastico già diviso tra autonomie locali, direttive ministeriali e spinte politiche opposte. Il ddl attualmente in discussione non solo cambierà il modo in cui si affrontano certi temi in classe, ma potrebbe anche incidere sulla formazione dei docenti, che si troveranno a gestire in prima linea un equilibrio delicato tra libertà educativa e rispetto delle nuove norme.
L’iter parlamentare è ancora in corso, ma il segnale è chiaro: il clima culturale attorno all’educazione di genere si fa più rigido. E il mondo della scuola è chiamato, ancora una volta, a trovare un punto di sintesi tra pluralismo, inclusione e rispetto dei ruoli.