Sex Roulette, la nuova challenge che in rete sfida le adolescenti
Hanno tra i 14 e i 16 anni, sono ragazze che studiano, praticano sport, viaggiano e sono socialmente attive, dentro e fuori la rete e amanti delle cosiddette “Challenge”.È questo l’identikit delle ado...

Hanno tra i 14 e i 16 anni, sono ragazze che studiano, praticano sport, viaggiano e sono socialmente attive, dentro e fuori la rete e amanti delle cosiddette “Challenge”.
È questo l’identikit delle adolescenti che partecipano alla nuova challenge che sta arrivando dal mondo anglosassone, la “Sex Roulette”, dove in cui si collezionano quanti più possibili rapporti non protetti con partners occasionali. “Perde” chi resta incinta e come pegno deve postare il test positivo e la documentazione di interruzione di gravidanza. Diventano così popolari sulle piattaforme più iconiche per i giovanissimi, Tik Tok su tutte.
Un fenomeno che nel nostro Paese è ancora allo stato iniziale, anche se si sono già manifestati casi in diverse città, al nord come al sud.
Un comportamento le cui cause attingono ad aspetti emotivi .
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Giulia Gialdi, Ricercatrice Psicologa della Facoltà di Psicologia dell’Università Vita e Salute S. Raffaele di Milano.
Dottoressa, un altro fenomeno che si diffonde attraverso i social . Cosa c’è dietro a queste challenge?
“Ci sono diversi elementi: l’appartenenza sociale, fondamentale per gli adolescenti, ma anche il mettersi in mostra, non più come bambini sperimentando il proprio corpo come adulti. C’è anche una tendenza verso il brivido, al superamento dei limiti, sia quelli relativi alle regole sociali sia quelli assorbiti attraverso l’educazione sentimentale . Queste sfide vengono pubblicizzate appunto tramite i social, quindi si innesca anche il meccanismo della ricerca dell’attenzione, altro elemento tipico dell’adolescenza. Sono tratti di personalità da studiare, che nella fase adulta, nella maggior parte dei casi vanno fortunatamente a sparire grazia alla maturazione biologica.”
Qual’ è la reale percezione che le ragazze hanno rispetto a ciò che stanno facendo? Esiste una consapevolezza anche minima o prevale l’adrenalina per la partecipazione ad una challenge?
“La consapevolezza è minima. La fascia di età è molto giovane, c’è molta leggerezza e spesso, come per altre challenge, si viene incoraggiati dai propri pari. Sperimentare il proprio corpo in modo distruttivo non può avere a che fare con la consapevolezza, non c’è la mediazione del processo logico e cognitivo propria dell’età adulta.”
Chi è il pubblico che segue le challenge? Coetanei o anche adulti con scopo di adescamento?
“Quando parliamo di aspetti legati a contenuti sessuali specie con protagonisti minori, il rischio dell’infiltrazione di adulti con intenzioni di adescamento c’è, tanto più che queste challenge vengono fatte girare anche su canali privati, che sono meno controllabili e censurabili.”
Nelle generazioni dei nativi digitali è indubbiamente più importante apparire che essere. Questa pratica espone i partecipanti oltretutto a pericoli ulteriori alla gravidanza indesiderata. Può parlarci delle conseguenze di queste situazioni?
“Le conseguenze sono molteplici e non solo legate ad aspetti fisici. Il trauma di un’interruzione di gravidanza può lasciare molti strascichi a livello psicologico, per non parlare dei rischi legati alla cosiddetta “reputazione digitale” e dei pericoli di una revenge porn. Inoltre, i rapporti non protetti possono dar luogo ad una serie infinita di malattie che i soggetti possono portare avanti per tutta la vita. Tutti elementi che le adolescenti che aderiscono a queste challenge non prendono in esame o sottovalutano.”
Si parla spesso dell’inconsistenza del ruolo dei genitori e, più in generale, dell’alveo famigliare nell’indagare e prevenire comportamenti devianti. Cosa manca nel rapporto intergenerazionale per assolvere ad una sana prospettiva formativa sul piano emotivo e sessuale?
“In famiglia spesso non si parla di questi argomenti perché il tabù in molti contesti parentali c’è ancora. Inoltre, spesso sono gli adolescenti che rifiutano per vergogna e pudore la relazione dei genitori su questi argomenti . Il fatto di delegare ai social questi temi è una strada battuta, anche perchè le informazioni su internet sono a portata di tutti; questo uso della rete ha soppiantato già da molti anni i canali tradizionali come i consultori, ad esempio.”
E la scuola, come agenzia formativa, che ruolo riveste? Secondo lei come è possibile intervenire in questo senso?
“Nelle scuole si parla di questi argomenti con progetti ad hoc, ma è la rete che è diventata ormai maestra di vita. Non bisogna mollare il colpo però, è un dovere delle istituzioni.
Nel primo ciclo ci si deve focalizzare sulle emozioni e sul loro riconoscimento sia per sé che per l’altro, mentre l’educazione sessuale vera e propria deve arrivare verso l’età dello sviluppo in cui comincia la ricerca dell’altro, sia dal punto di vista sentimentale che da quello fisico . Bisogna cominciare a lavorare sulle fasce d’età della secondaria inferiore, ma in modo costruttivo e coinvolgente: sarebbe bellissimo coinvolgere anche i genitori in questi progetti, per creare un ponte tra scuola e famiglia. Spesso infatti da parte parentale c’è una certa reticenza a sostenere questo tipo di contenuti perché considerati “forti”, quando in realtà il bisogno di approfondire è assolutamente naturale per lo sviluppo della personalità dei ragazzi.”
Per chi avesse conoscenza indiretta di qualche compagna coinvolta in queste situazioni, quali sono le strategie da adottare?
“Prima di tutto parlarne con la ragazza coinvolta: in modo amicale, senza presupposti di giudizio, cercando di ascoltare. Nella maggior parte dei casi, come dicevamo, ci si rende conto della grande leggerezza con cui le ragazze adottano certi comportamenti, senza ponderarne tutti gli aspetti. Nel momento in cui poi si dovesse entrare in contatto con materiale documentale (chat, social, video..) occorre denunciare.”