Valditara rilancia la Maturità: verso una riforma dell’Esame di Stato. Cosa cambierà davvero?
È tempo di grandi manovre per la scuola italiana. Mentre gli studenti si preparano ad affrontare l’Esame di Stato 2025 con le regole attuali, il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditar...

È tempo di grandi manovre per la scuola italiana. Mentre gli studenti si preparano ad affrontare l’Esame di Stato 2025 con le regole attuali, il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha annunciato l’intenzione di riscrivere in profondità il modello della Maturità. Un ritorno al nome tradizionale, certo, ma anche – e soprattutto – una riflessione sull’intera architettura dell’esame. Dalla struttura dell’orale alla valutazione delle competenze, passando per il ruolo delle prove scritte, la riforma punta a restituire significato a quello che dovrebbe essere il rito di passaggio più importante della scuola italiana.
Il primo tassello, già anticipato nelle dichiarazioni pubbliche del Ministro, è la volontà di reintrodurre ufficialmente il termine “Maturità”. Una scelta che, secondo Valditara, intende restituire all’esame non solo un nome più evocativo e radicato nella tradizione scolastica, ma anche un valore culturale e formativo più profondo. Per realizzare questo cambiamento non sarà sufficiente una semplice circolare: servirà un intervento legislativo, poiché l’attuale denominazione di “Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione” è stabilita dal decreto legislativo n. 62 del 2017. Secondo fonti interne al Ministero, un disegno di legge potrebbe essere presentato già nell’autunno 2025 per intervenire sia sull’aspetto nominale sia su alcune linee guida più generali del modello valutativo.
La vera trasformazione, tuttavia, si preannuncia sul fronte del colloquio orale. Attualmente l’orale, come definito dall’Ordinanza Ministeriale n. 67 del 31 marzo 2025, consiste in un colloquio pluridisciplinare avviato dall’analisi di materiali predisposti dalla commissione. Il Ministro ha manifestato l’intenzione di superare questo impianto, ritenuto eccessivamente tecnico, per approdare a un modello che valorizzi in modo più evidente la maturazione personale dello studente. Secondo le indiscrezioni, potrebbe tornare una forma di elaborato iniziale, una sorta di tesina rivisitata in chiave moderna, legata al percorso scolastico e personale del candidato. L’obiettivo è rendere il colloquio un momento più dialogico e meno vincolato da griglie rigide, orientato a far emergere la capacità argomentativa, la consapevolezza del proprio percorso e la capacità di riflettere in maniera critica.
Per attuare queste modifiche non basterà un’ordinanza ministeriale annuale. Sarà necessario un decreto del Presidente della Repubblica, il cui iter richiede tempi e passaggi formali più articolati. Il Ministero è al lavoro per predisporre un testo normativo che possa entrare in vigore per l’anno scolastico 2025/2026 e applicarsi quindi a partire dalla sessione di Maturità del 2026.
Per quanto riguarda le prove scritte, al momento non è previsto uno stravolgimento. La prima prova, il tema di italiano, rimarrà centrale e continuerà a essere elaborata a livello nazionale dal Ministero. Anche la seconda prova, specifica per indirizzo di studio, continuerà ad avere una struttura ministeriale unificata, come già accade attualmente. Tuttavia, potrebbero essere introdotti nuovi criteri nella progettazione e nella valutazione della prova stessa, per garantire una maggiore aderenza ai traguardi formativi previsti dagli ordinamenti. L’intenzione è quella di mantenere l’impianto nazionale ma di rafforzarne la coerenza metodologica, evitando disparità nelle prassi valutative delle commissioni.
Il cuore della riforma, come ha ribadito Valditara in diverse interviste, è quello di restituire centralità al concetto di “maturità” come processo educativo complesso. L’obiettivo non è soltanto misurare conoscenze disciplinari, ma valutare la capacità dello studente di riflettere, argomentare, prendere posizione e mostrare consapevolezza del proprio percorso. Questo approccio rappresenta una chiara inversione di tendenza rispetto alla visione tecnocratica degli anni passati e si ispira, almeno in parte, ai modelli valutativi europei in cui l’esame finale ha anche una funzione formativa e non meramente certificativa.
Secondo le previsioni, l’intero pacchetto di riforma dovrebbe essere approvato entro la fine del 2025. Le nuove regole, dunque, si applicheranno a partire dalla Maturità 2026, lasciando invariata la sessione d’esame di quest’anno. L’iter richiederà un duplice passaggio: da un lato la legge per modificare la denominazione dell’esame, dall’altro un DPR per ridefinire la struttura della prova orale. Questo calendario garantisce il tempo tecnico per l’approvazione delle norme, per l’adeguamento delle scuole e per la formazione dei docenti.
Il mondo della scuola osserva con interesse e prudenza queste evoluzioni. Molti docenti apprezzano l’intenzione di restituire significato all’Esame di Stato e di trasformare il colloquio orale in un vero momento di riflessione. Tuttavia, non mancano le perplessità. I dirigenti scolastici chiedono chiarezza normativa, strumenti coerenti e formazione adeguata per accompagnare la transizione. I sindacati insistono sul fatto che ogni riforma dell’Esame debba includere anche una valorizzazione economica del personale coinvolto, a cominciare da presidenti e commissari, i cui compensi sono fermi da oltre 15 anni.
In definitiva, la riforma dell’Esame di Stato annunciata da Valditara rappresenta una sfida ambiziosa. Cambiare nome alla Maturità può avere un significato simbolico forte, ma non basta. Il vero cambiamento consisterà nella capacità del Ministero di costruire un impianto coerente, chiaro e sostenibile, capace di coniugare il rigore valutativo con la valorizzazione dell’identità dello studente. L’esame finale deve tornare a essere un momento di crescita e di sintesi, non una corsa a ostacoli tra griglie e formalismi. Se accompagnata da risorse, formazione e una visione educativa condivisa, la nuova Maturità potrà rappresentare un’occasione concreta per rinnovare davvero la scuola italiana.